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Vite donate: padre Eliodoro Farronato

Nato il 18/05/1912 a Fellette di Romano d’Ezzelino (Padova), iniziò la formazione nell’Istituto nel 1928. Fu ammesso al Giuramento e ordinato Presbitero nel 1934. Partì per la Birmania (Kengtung) nel 1935 dove venne ucciso il 11/12/1955 ed è sepolto a Mong Young. È il 10 ottobre 1926. La chiesa di S. Maria Maggiore di Treviso è gremita di folla: P. Antonio Farronato ha appena terminato di celebrare la messa e sta salutando amici e parenti, pronto a partire per la Birmania assieme ad altri compagni. Sceso dal pulpito si trova di fronte uno dei suoi otto fratelli, Elio, che frequenta il ginnasio nel seminario diocesano di Thiene. Tra i due c’è sempre stata una forte intesa. Elio ha seguito le orme del fratello, amato e stimato come un modello, e ha sempre partecipato intensamente alle tappe del suo cammino, perché percepiva, già da ragazzo, che le loro vite erano chiamate ad una stessa vocazione. Ora che Antonio parte per la Birmania, Elio lo “segue” con lo sguardo, fiducioso di poterlo riabbracciare ancora. Eliodoro è un tipo energico, deciso: sebbene abbia solo 14 anni ha già le idee chiare. E così, due anni dopo, entra nel Seminario del PIME, a Monza. Sulla scrivania del suo studio c’è sempre in bella vista una lettera proveniente da Mong Young. È Toni, che nell’agosto del 1929 gli scrive: «Fratello caro, qui io vivo senza casa, mi alzo senza sveglia, prego senza chiesa, caccio senza licenza, sto allegro senza amici, studio lingue senza professori, non ho giorni senza fastidi, invecchio senza accorgermi, morrò senza rimorsi… Quando verrai a farmi compagnia?». E così, ordinato prete il 22 settembre 1934, P. Eliodoro è destinato alla Birmania, proprio nella missione del fratello. La sera del 24 agosto 1935 salpa per l’Oriente e il giorno dopo, dal ponte della motonave, scrive ai familiari: «Al momento della partenza, mare e cielo sembravano imbronciati, quasi a indicare il dolore di chi restava e di chi partiva. Ma sopra le nuvole leggere, c’era il sole, bello come sempre e oggi è splendido. Se vi ho lasciati, è per Dio. Perciò, dopo il dolore, sento una gioia ineffabile. E spero che la proviate anche voi, più felice di me non c’è nessuno! Valeva la pena fare quel che ho fatto e lasciare tutto per provare la consolazione di sentirsi unicamente di Dio, per amarlo e farlo amare!». Sbarcato in Birmania, dopo un periodo di studio della lingua Shan, nell’aprile del 1936 arriva a Mong Yong, dove gli abitanti lo stanno già aspettando. E qui inizia la sua attività pastorale. Nel 1940 anche per i missionari di Kengtung cominciano a farsi sentire le dolorose ripercussioni della guerra finché vengono confinati dagli inglesi in zone d’isolamento. Finalmente nel 1944 riacquista la libertà. Finita la guerra, nel 1946, può tornare a Kengtung, subisce un duro colpo: la missione di Mong-tsat è stata rasa al suolo e bisogna ricominciare tutto da capo.  Inizia, così, la traduzione dei manuali di preghiere, storia sacra, catechismi e canti liturgici nelle lingue Shan, Lahu e Ahkà. La mattina del 9 dicembre 1955 parte per Mong Yong. Ha attraversato valli e monti, infestati da briganti e ora, con il cuore in gola, scruta dall’alto il suo piccolo villaggio e in silenzio fissa lo sguardo tra il verde della radura: gli sembra di riconoscere la sua casa e, distante appena 30 metri, separata da una valletta, la tomba del fratello. Quanti ricordi e quanto tempo è passato, eppure ogni persona conosciuta e ogni avvenimento sono così vivi in lui. Gli sembra di riprendere a respirare a pieni polmoni. Ancora dieci chilometri e arriverà a casa. Ma appena ripreso il cammino, viene fermato da diciassette guerriglieri cinesi. La sera del 14 viene ritrovato il corpo sepolto a fior di terra sotto alcune pietre, nel greto d’un ruscello. Eliodoro viene deposto accanto al fratello e la sua tomba, con quella del suo Toni, è testimonianza di fede tra i villaggi sperduti della Birmania.  

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