Sospesa l’autorizzazione per un nuovo mega-impianto di fusione del rame in una città di 200mila abitanti già pesantemente inquinata. La settimana scorsa l’esercito aveva sparato sulla folla per reprimere le proteste sostenute attivamente dalle parrocchie cattoliche nel nome dell’enciclica «Laudato Si’»
Una settimana fa l’esercito indiano aveva sparato loro addosso, facendo tredici morti e numerosi feriti (tra i quali anche un sacerdote cattolico). Ma alla fine il movimento di protesta che nello Stato meridionale del Tamil Nadu ha messo sotto accusa un nuovo mega-impianto per la fusione del rame ha incassato la sua prima vittoria. Il governo locale ha emanato infatti oggi un decreto che impone la «chiusura definitiva» della struttura della Sterlite Copper, una società controllata dal gigante minerario indiano Vedanta che a Thoothukudi – una città di oltre 200 mila abitanti – opera già da più di vent’anni con un bilancio pesante in termini di emissioni e danni alla salute dei cittadini.
Si tratta di un fatto importante per l’India, anche se va subito aggiunto che si tratta di una vittoria per il momento solo parziale: Vedanta – che è una società di primo piano nell’industria mineraria globale, guidata dal magnate Anil Agrawal e quotata alla borsa di Londra (nonostante un boicottaggio della Church of England per il mancato rispetto dei diritti delle popolazioni indigene in alcune delle sue miniere non solo in Asia) – ha già annunciato battaglia contro il provvedimento. E sui social network non manca chi ora fa leva sul nazionalismo indiano per dare contro «alla protesta delle Chiese che fanno gli interessi delle società minerarie straniere».
Le parrocchie di Thoothukudi – città dalla forte comunità cattolica – sono state effettivamente in prima linea nel denunciare l’impatto pesante che già l’attuale stabilimento della Sterlite Copper sta avendo sulla qualità dell’acqua e dell’aria in questo distretto del Tamil Nadu. Ci sono dati eloquenti sui picchi di tumori ai polmoni e di altre malattie, ci sono prove di dati falsificati per ottenere i via libera delle autorità ambientali locali, ci sono scarichi non depurati che vanno a sfociare tra le barriere coralline e le foreste di mangrovie del Golfo di Mannar. Scarichi che stanno già danneggiando il lavoro dei pescatori.
Quando martedì 22 – al giorno numero 100 della protesta e rispondendo a una richiesta della società mineraria di non far avvicinare i manifestanti all’impianto – l’esercito ha sparato sulla folla, ben quattro dei tredici morti rimasti a terra appartenevano alla comunità cattolica di Thoothukudi. Anche per questo ieri – al termine delle Messe domenicali – vi sono state manifestazioni in tutto il Tamil Nadu. «Come cittadini dell’India riteniamo nostro dovere e nostro diritto condannare questa repressione violenta della protesta – ha dichiarato all’agenzia UcaNews l’arcivescovo di Madras-Mylapore, George Antonysamy -.A guidarci è l’enciclica di papa Francesco Laudato Sì, che insiste sulla necessità per la Chiesa di ritornare a vivere il suo ministero tra i poveri e gli emarginati, promuovendo la causa della difesa dell’ambiente soprattutto per coloro che più dipendono dai doni del creato per la loro sopravvivenza».