A conclusione dell’anno giubilare, parla padre Luigi Bonalumi del Pime, unico “missionario della Misericordia” designato da Papa Francesco per i territori di Hong Kong, Macao e della Cina.
«Non ho mai confessato tanto come quest’anno». Lo dice da Hong Kong Padre Luigi Bonalumi del Pime, unico “missionario della Misericordia” designato dal Papa per tutta la Cina. La parrocchia di padre Bonalumi è una delle sette chiese di Hong Kong con la Porta santa. Mancano pochi giorni alla chiusura dell’Anno Santo della Misericordia e si conclude anche lo speciale mandato dei 1.070 missionari della Misericordia, nominati da Francesco con facoltà di assolvere dai peccati riservati alla Sede Apostolica.
«A volte la gente veniva con attese irrealistiche, tipo quella di vedere sanata ogni forma di situazione matrimoniale irregolare» racconta il missionario del Pime in un’intervista pubblicata sul numero di novembre di Mondo e Missione. «Moltissimi, tuttavia, hanno davvero sentito e vissuto nel profondo questa possibilità di un pellegrinaggio penitenziale e di riconciliazione. Prima, in parrocchia, avevamo le confessioni regolari il primo sabato del mese. Ora, invece, ogni sabato e domenica è necessario che ci sia qualcuno in confessionale tutto il giorno. Abbiamo notato che molti hanno cercato una riconciliazione col loro passato per ritrovare serenità. Anche la comunità filippina, in genere poco attenta al sacramento della riconciliazione, ha mostrato più interesse».
Il giubileo ha aiutato anche la Chiesa di Hong Kong ad avere uno sguardo di misericordia in più verso i poveri di questa enorme città: «Una volta al mese offriamo in parrocchia un pasto e un po’ di accoglienza ai raccoglitori di cartone» racconta padre Bonalumi. «Sono in genere anziani senza pensione o sostegno familiare. Oppure gente di mezza età che ha perso il lavoro e vive di espedienti. Offriamo anche buoni-pasto nei ristoranti della zona per casi di necessità che si presentano. Ci occupiamo anche di altre opere di misericordia. Abbiamo potenziato la visita agli ammalati negli ospedali. Ora stiamo pensando alle carceri, ma è più difficile a causa dei permessi che bisogna ottenere dalle autorità. Ci occupiamo anche del “seppellire i morti”, cioè della preghiera presso la camera mortuaria e poi della funzione funebre. Tutte cose che c’erano anche prima dell’anno della Misericordia, ma che abbiamo potenziato. Per questo posso dire che certamente è stata una buona idea quella dell’anno della Misericordia e che ha portato, almeno qui, molti frutti».
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