Il Mekong è l’arteria vitale del Sudest asiatico. La Cina sta portando avanti un progetto per migliorarne la navigabilità e sfruttarne le acque, che però ha contraccolpi ambientali e che allarma Bangkok.
Il progetto di miglioramento del trasporto fluviale che interessa da anni l’alto corso del Mekong in territorio cinese, è ormai alle porte della Thailandia e le intenzioni cinesi di eliminare con la dinamite isolotti e banchi di sabbia in settori del fiume che attraversano aree protette per il loro interesse paesaggistico e ambientale allarma Bangkok.
Il grande fiume indocinese, che nel suo tratto più meridionale è sottoposto a un utilizzo intensivo anche per i trasporti, nei tratti centrale e settentrionale resta di difficile navigazione, possibile con imbarcazioni di non più di 60 tonnellate di stazza e solo se condotte da abili piloti.
Il Mekong è l’arteria vitale del Sudest asiatico continentale. Dodicesimo per lunghezza tra i fiumi del mondo (decimo se si tiene conto dell’ampiezza del suo bacino, 796mila chilometri quadrati), scorre per 4.425 chilometri dall’altopiano tibetano al Mar cinese meridionale, interessando sei paesi. La vita di oltre 60 milioni di persone in Cina meridionale, Myanmar, Laos, Thailandia, Cambogia e Vietnam dipende direttamente dal fiume e dai suoi affluenti che danno vita a un ecosistema secondo solo a quello del Rio delle Amazzoni quanto a varietà. Sempre più minacciato. Nell’ultimo decennio sono stati un centinaio gli sbarramenti progettati e in parte già avviati o completati con lo scopo primario di incrementare la produzione di energia idroelettrica e accrescere la disponibilità d’acqua per l’agricoltura, con una forte opposizione da parte delle popolazioni rivierasche e, in alcuni casi anche di governi che subiscono decisioni prese altrove ma che hanno anche un forte impatto sul loro territorio.
Una realtà, ma anche un rischio crescente, che è evidente soprattutto nelle iniziative, in maggioranza di parte cinese per rendere possibile la navigazione su tratti sempre più ampi di questo fiume che ha un flusso irregolare, a maggior ragioni in anni recenti a causa dei cambiamenti climatici in atto. C’è chi contesta questi timori, evidenziando che gli invasi non utilizzati per generare energia non consumano o inquinano l’acqua, ma hanno un effetto stabilizzatore sugli estremi stagionali di portata. Da parte cinese, poi, si evidenzia un approccio di sviluppo integrato e sostenibile per l’intero bacino. In sostanza, si pone in primo piano la cooperazione sui benefici economici e sociali, ma si sfumano i danni ambientali e culturali.
Complessivamente, nella maggior parte dei casi gli scrupoli ambientali e i livelli di mantenimento dell’ambiente fluviale sono stati di gran lunga superati dalla crescita demografica e dalle necessità dello sviluppo economico. La Commissione per il fiume Mekong (Mekong River Commission, Mrc) è organo di gestione sovrannazionale. Questo organismo condiviso tra Cambogia, Laos, Thailandia e Vietnam, ha come scopo di facilitare la cooperazione nello sviluppo sostenibile, l’utilizzo, conservazione e gestione delle acque e delle risorse collegate al maestoso fiume, ma sempre più negli ultimi tempi è diventata assise di contrasti anche aspri e bersaglio di critiche sempre più pesanti per quello che viene percepito come un suo asservimento agli interessi cinesi e a un ascolto sempre più limitato di chi vive sulle sue rive.