Dal 21 al 28 novembre un migliaio di delegati delle 22 Chiese della regione si ritrovano in Messico e on line per una grande Assemblea voluta da Papa Francesco. Che ha raccomandato: «Nessuno sia escluso»
In questo mese i cattolici latinoamericani si apprestano a vivere un momento importante del loro cammino: un’Assemblea che incarna la visione di Papa Francesco per tutta la Chiesa. Dal 21 al 28 novembre non saranno infatti solo i cardinali e i vescovi ma anche i religiosi, i laici e tutto il popolo di Dio i protagonisti della prima Assemblea ecclesiale dell’America Latina e dei Caraibi, convocata dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) in Messico secondo il modello sinodale suggerito dal Pontefice.
Nell’ottobre 2019 i vescovi dell’organismo che riunisce le 22 Conferenze episcopali del continente avevano espresso il desiderio di organizzare un nuovo incontro plenario tra di loro che avrebbe dovuto ricalcare lo stile delle cinque conferenze che dal 1955 a oggi hanno scandito la vita della Chiesa in questa regione. Ricevendoli in udienza, però, il Papa sorprese tutti con un’idea diversa: chiese loro di immaginare non un incontro tra vescovi, ma un cammino in ascolto delle voci di tutto il popolo di Dio; uno spazio in cui pregare, parlare, pensare, discutere e cercare la volontà di Dio coinvolgendo tutta la comunità cristiana.
Perché questa scelta di Francesco? Lui stesso ha spiegato che l’America Latina ha ancora «molto da imparare» dall’ultima Conferenza del Celam, tenutasi al santuario mariano di Aparecida in Brasile nel 2007. Un evento che vide proprio l’allora cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio tra i protagonisti. Ad Aparecida, a partire dalle parole pronunciate là da Benedetto XVI sul Vangelo che si può diffondere solo «per attrazione» prese forma l’idea di una grande “Missione continentale” per rimettere al centro l’annuncio nell’America Latina di oggi.
Quattordici anni dopo che ne è stato di quella sfida? L’argentino Víctor Manuel Fernández, attuale arcivescovo di La Plata nella provincia di Buenos Aires e teologo molto vicino a Bergoglio, nel 2007 era uno dei tre esperti che coordinarono la stesura del documento finale di quella Conferenza. Racconta a Mondo e Missione: «Aparecida è riuscita a rivitalizzare la coscienza della Chiesa latinoamericana, la sua chiamata missionaria è stata intensa. Ha contribuito ad aumentare la consapevolezza del bisogno di uscire dall’ordinaria amministrazione nelle nostre scelte pastorali e porsi in stato di missione, anticipando l’appello di Francesco per una Chiesa in uscita. Dopo un primo impulso, però, ci siamo di nuovo rinchiusi in preoccupazioni più limitate, in questioni intraecclesiali…».
Ignacio Madera, sacerdote colombiano della Società del Divin Salvatore, nel 2007 presiedeva la Confederazione latinoamericana dei religiosi (Clar). Aggiunge: «La grande Missione continentale doveva essere permanente e quindi è troppo ambizioso tracciare bilanci. Però oggi c’è comunque una maggiore consapevolezza, c’è un laicato maturo che non chiede il permesso ai preti per vivere la propria fede, c’è un nuovo protagonismo delle donne. E, soprattutto, la comunità – qualunque essa sia – è indicata da tutti come il luogo prioritario dell’evangelizzazione».
Gli fa eco anche il teologo venezuelano Rafael Luciani: «Già alla Conferenza di Santo Domingo nel 1992 al Celam era stato avanzato il concetto di conversione pastorale: un cambiamento nelle relazioni, nell’esercizio dell’autorità, nelle strutture stesse della Chiesa. Ispirandosi a questo, Aparecida propose una riforma su tre livelli: spirituale, pastorale e istituzionale».
Si capisce così perché fin dall’inizio del suo pontificato Papa Francesco abbia cercato di evidenziare la necessità e la bellezza della sinodalità, ovvero di una Chiesa in cui tutti camminano insieme. Un orizzonte che indica ancora oggi alle comunità cattoliche di tutto il mondo programmando un percorso di due anni – iniziato il 10 ottobre scorso – che vedrà tutte le diocesi coinvolte nella preparazione di uno speciale Sinodo che si terrà a Roma nel 2023.
Con l’Assemblea ecclesiale l’America Latina e i Caraibi stanno in un certo senso aprendo anche questa strada. In un videomessaggio inviato nel gennaio scorso, il Papa ha espresso al Celam il desiderio che la sua Assemblea «non sia di un’élite separata dal santo popolo fedele di Dio». Vuole che ad animarla sia la fede vissuta tra le persone, alimentata dalla devozione popolare, ben sapendo che dentro le comunità cristiane tanta gente semplice è «infallibile in credendo come dice il Concilio Vaticano II» e quindi merita di essere ascoltata. «Fuori dal popolo di Dio – aveva aggiunto ancora in quell’occasione Francesco – emergono le élite illuminate da una ideologia o da un’altra e questa non è la Chiesa». La sinodalità, dunque, per Papa Francesco è l’esperienza di una Chiesa che si dà nello spezzare il pane con tutti, senza esclusioni.
Per questo motivo alla loro Assemblea ecclesiale i cattolici dell’America Latina arrivano dopo mesi dedicati a una lunga fase di ascolto, proseguita fino al mese di agosto. «Per noi è stato un po’ come chiedere a chiunque incontravamo di dirci in dieci minuti che cosa pensasse della Chiesa», ha sintetizzato il presidente del Celam monsignor Miguel Cabrejos, vescovo di Trujillo in Perù. Un ascolto che non si è fermato neppure nel tempo difficile della pandemia. Dopo alcuni dubbi sull’opportunità di organizzare un grande evento in presenza, le Chiese hanno optato per uno schema misto: le oltre mille persone tra laici, religiosi e vescovi che parteciperanno al momento conclusivo nella stragrande maggioranza dei casi saranno collegate in streaming dai propri Paesi; solo una cinquantina saranno presenti fisicamente in Messico, alle celebrazioni nel santuario di Nostra Signora di Guadalupe e alle sessioni negli uffici della Conferenza episcopale. Dovunque si trovi – però – ciascuno potrà portare all’attenzione di tutti quanto raccolto dall’ascolto delle proprie comunità.
In forma individuale o in rappresentanza di qualche gruppo, da tutta l’America Latina e i Caraibi, migliaia di riflessioni sono state caricate su una piattaforma on line, che ha offerto spazi di riflessione intorno a quattro grandi aree tematiche: annuncio, comunità, pastorale sociale e liturgia. Ci si è chiesti, per esempio: come aiutare i giovani a vivere nell’America Latina di oggi l’esperienza dell’incontro con Cristo? Come accompagnare la religiosità popolare? Come lasciarsi guidare dalla testimonianza dei martiri nel nostro impegno per la costruzione di una nuova società? Che cosa ha insegnato l’esperienza della pandemia alle nostre comunità? Una commissione di teologi latinoamericani ha analizzato le risposte a questi e a tanti altri interrogativi, stilando una sintesi a partire dalla quale l’Assemblea elaborerà le sue indicazioni.
«La fase di ascolto è stata davvero aperta – racconta il segretario generale del Celam, monsignor Jorge Eduardo Lozano, arcivescovo di San Juan de Cuyo in Argentina -. Siamo andati nelle periferie esistenziali e geografiche per raccogliere contributi e suggerimenti, tenendo conto delle restrizioni della pandemia. Ho visto immagini di comunità in Amazzonia che si sono riunite per partecipare al processo di ascolto guidate da alcuni animatori. Comunità monastiche che volevano esprimere il proprio parere. Con me hanno condiviso le loro esperienze persone in carcere, gruppi di tossicodipendenti in centri di recupero, catechisti che hanno promosso la partecipazione dei bambini per far sentire anche i più piccoli in sintonia con la Chiesa del continente. Sono tutte situazioni che mostrano realmente che coinvolgere l’intero popolo di Dio è possibile». Il coordinatore del comitato d’ascolto, il messicano Mauricio López, è soddisfatto del lavoro svolto e delle risposte ottenute. «Tenendo presente che la pandemia ci ha colto nel mezzo del cammino – racconta a Mondo e Missione – e conoscendo le difficoltà di molti contesti latinoamericani nell’accesso agli strumenti digitali, ci eravamo posti l’obiettivo di arrivare ad almeno 100 mila persone. Possiamo dire di averlo raggiunto, anche se nemmeno io so ancora con precisione quanti abbiano risposto. Probabilmente ci saranno contributi ispirati da questo processo che continueranno a giungere anche fuori tempo massimo per l’Assemblea, ma saranno comunque utili al cammino».
«Sono stati forniti i mezzi per far parlare i più poveri e i più semplici – aggiunge suor Gloria Liliana Franco, attuale presidente della Confederazione latinoamericana dei religiosi (Clar) -. Ho accompagnato iniziative di ascolto di persone in territori che sarebbero rimasti inaccessibili alle piattaforme on line: grazie a tanti facilitatori anche la voce di queste persone non è andata persa».
Non ovunque l’impegno è stato uniforme. «Ma anche dove gli episcopati hanno parlato meno dell’Assemblea – commenta la presidente della Clar – molti religiosi e laici, forti dell’idea che essere Chiesa è un compito di tutti, hanno condotto iniziative». Consapevoli che la vera sfida, anche per l’Assemblea ecclesiale, sarà il dopo: «Assimilare lo spirito sinodale sarà molto importante; capire che le decisioni che verranno prese non saranno solo per i vescovi o i parroci. Tutti siamo corresponsabili nel dar loro vita e motivo di azione».
DA RIO 1955 ALL’ASSEMBLEA
Il Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) è l’organismo che riunisce le 22 Conferenze episcopali dell’America Latina e dei Caraibi. Nacque nel 1955 a Rio de Janeiro, con l’approvazione di Pio XII, in quella che fu la prima delle Conferenze generali dei vescovi del continente. Da allora quasi in ogni decennio il Celam ha tenuto uno di questi incontri che hanno segnato profondamente il cammino della Chiesa in America Latina. Storica fu la Conferenza di Medellin del 1968 passata alla storia per la visita di Paolo VI e l’affermazione dell’«opzione preferenziale per i poveri». Seguirono poi gli appuntamenti di Puebla in Messico nel 1979 e Santo Domingo nella Repubblica Dominicana nel 1992, entrambi con la presenza di Giovanni Paolo II. L’ultima Conferenza generale del Celam si era svolta ad Aparecida in Brasile nel 2007 con l’incontro con Benedetto XVI. Ora Papa Francesco ha chiesto al Celam di cambiare formula per questo nuovo appuntamento in Messico: non sarà più una Conferenza riservata solamente ai vescovi, ma un’Assemblea alla quale parteciperanno anche religiosi e laici, cioè tutto il popolo di Dio che vive in America Latina.