Padre Piero Parolari, missionario del Pime, è stato ferito questa mattina in un agguato a Dinajpur, nel nord del Bangladesh. Padre Parolari è stato raggiunto da colpi di arma da fuoco sparati da un uomo su una motocicletta. Trasportato in ospedale è in condizioni gravi
Le violenze contro gli stranieri in Bangladesh hanno colpito anche un missionario del Pime. Padre Piero Parolari, 64 anni, è stato colpito da armi d’arma da fuoco questa mattina a Dinajpur, città del nord del Paese dove i padri del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) svolgono il loro ministero. Parolari stava transitando in bicicletta di fronte alla fermata dell’autobus quando è stato raggiunto da due colpi d’arma da fuoco sparati da un uomo che passava su una motocicletta guidata da un complice. Colpito alla testa è stato portato subito in ospedale in gravi condizioni per poi essere trasferito in elicottero nella capitale Dhaka.
Padre Parolari è nato a Lecco nel 1951 ed è stato ordinato sacerdote nel 1985. Partito subito per il Bangladesh oltre che come sacerdote ha messo a disposizione della gente la sua esperienza di medico missionario. Da sempre impegnato in ambito sanitario, ha fondato il «Tbc Hospital» (70 letti), accanto alla parrocchia di Rajshahi. Da alcuni anni lavora nella parrocchia di Suhiari, nei pressi di Dinajpur, come vice parroco, insieme con padre Giambattista Zanchi, ex superiore generale del Pime. Inoltre continua a lavorare presso l’ospedale St. Vicent, della diocesi locale. L’opera di padre Parolari è sempre stata apprezzata dal governo bengalese.
Anche questa mattina – quando è stato colpito – si stava recando all’ospedale di Dinajpur dove presta servizio come volontario. Viceparroco nella comunità di Suihari, la gente lo conosce soprattutto per la sua opera in favore dei malati di tubercolosi. Così lo descriveva in una lettera scritta qualche anno fa insieme a padre Francesco Rapacioli: «In questi anni abbiamo servito letteralmente decine di migliaia di pazienti affetti da diverse patologie. Uomini, donne e bambini, persone di razze e lingue diverse, mussulmani, indù, animisti, cristiani, tutti accomunati dalla sofferenza e dalla malattia, oltre che dalla povertà che non avrebbe permesso loro di ricevere cure adeguate. Credo proprio che il centro possa essere fiero del proprio servizio e della propria testimonianza che ha portato probabilmente tanti a porsi domande sulle ragioni di tale servizio, oltre che provocato molti appartenenti a diversi gruppi indigeni ad un cammino di conversione culminato nell’accoglienza del battesimo e della fede cristiana».
Quanto alla dinamica e ai motivi dell’attentato, l’ambasciatore italiano, Mario Palma, ha detto che «i killer sono fuggiti e sembra la solita modalità di agguato. Questa è la conferma del pericolo per gli stranieri, dopo gli attentati contro Tavella e il cooperante giapponese. Personalmente non credo alla ipotesi di una serie di attacchi organizzati dall’Isis, ma più al tentativo di seminare il caos in queste ore di attesa del verdetto contro due politici dell’opposizione accusati di crimini contro l’umanità».
L’agguato a padre Parolari si inserisce nel contesto delle violenze aumentate in maniera preoccupante negli ultimi mesi. Violenze che hanno portato anche all’uccisione, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, di un volontario italiano Cesare Tavella e di un cooperante giapponese, Hoshi Koniyo. «Non bisogna fare gli allarmisti ma questi fatti sono indubbiamente un campanello di allarme. La situazione economico-sociale del Paese va peggiorando di anno in anno», aveva dichiarato in questa intervista a Mondo e Missione padre Giulio Berruti, un altro missionario del Pime. Proprio nei giorni scorsi i missionari del Pime in Bangladesh avevano tenuto la loro assemblea alla presenza del vicario generale dell’istituto, padre Davide Sciocco, rinnovando il proprio impegno a stare a fianco degli ultimi anche in questo momento così difficile per il Bangladesh.
Il Pime in Bangladesh da 160 anni
Diventato missione nel 1855, il Bangladesh accoglie oggi 29 missionari del Pime. La ristretta area del Bengala – dove erano stati destinati i primi padri approdati nel Paese – oggi si è notevolmente ampliata: l’istituto è attualmente presente nelle diocesi di Dhaka, Dinajpur e Rajshahi. Il dialogo con l’islam, il lavoro tra i santal, una delle popolazioni tribali del Bangladesh, e la formazione dei laici sono tutt’ora le priorità della comunità Pime del Bangladesh. Proprio nelle scorse settimane, nelle giornate del 10 e 11 novembre, i missionari attualmente presenti nel Paese si sono riuniti in assemblea a Dinajpur per eleggere il nuovo consiglio direttivo della regione alla presenza del vicario generale, padre Davide Sciocco. L’occasione ha permesso uno scambio di esperienze e un confronto sulla realtà sempre più complessa che il Paese sta vivendo.