Le riflessioni di un missionario del Pime che vive le fatiche e le gioie di accompagnare alcune piccole comunità cristiane in Cambogia: «Un cammino che avvince il cuore, lo riempie di vita ed entusiasmo e stuzzica la fantasia»
Carissimi amici e amiche, vi scrivo in un tempo di riposo e distensione e di grande gioia per i nove catecumeni delle mie diverse comunità che la notte di Pasqua hanno ricevuto il battesimo: un momento di pura grazia offertomi dal Signore in questi miei inizi. Da agosto 2022, sono in una nuova missione, responsabile del settore pastorale di Kampot-Kep nel Sud della Cambogia. Sono stati mesi belli ma intensi, fatti di conoscenza delle diverse comunità cristiane che compongono il territorio che mi è stato affidato, di scoperta delle potenzialità che esse offrono; e fatti anche di meraviglia per l’enorme lavoro che il mio predecessore, padre Gianluca Tavola, è riuscito a fare
Le comunità che compongono il Settore pastorale di Kampot-kep sono molto diverse tra di loro: alcune hanno un cammino di fede molto consolidato come la comunità cristiana di Chumkiri e hanno uno slancio missionario che coinvolge, accompagna e fruttifica. Altre stanno nascendo come quella di Tropeang Rung che questa Pasqua ha visto il primo catecumeno battezzato o come quella di Kampot, cuore pulsante di tutto il Settore pastorale. Queste due comunità sembrano il lievito evangelico che la donna mette nella massa di pasta: un fermento che infonde coraggio e speranza, che accende un fuoco che spinge verso l’oltre, che lascia intravedere vitalità, prospettive per la nascita di una “Chiesa” intesa come luogo di identificazione a Cristo e alla sua missione. Ci sono, poi, comunità che hanno bisogno di un nuovo afflato come Kohsla e Preipro, dove c’è bisogno di riappropriarsi della propria storia e delle origini fatte di testimonianza, di cura dei lontani e di accoglienza degli esclusi.
Sono stati mesi di primi passi e decisioni, di prime preoccupazioni e ansie, anche dei primi errori. Insomma, un tempo ricco di vitalità, di moti interiori, in cui testa, cuore e un pizzico di imprevedibilità mi hanno fatto scorgere novità, cammini e prospettive future dove Dio già agisce. È anche un tempo di difficoltà e di “attese” che gli altri nutrono su di me: attese che spesso tolgono l’aria, non ti fanno sentire all’altezza della situazione, dell’enorme “campo donatomi” che va arato e seminato. Un campo dove la perla preziosa è una realtà che si scopre giorno per giorno, e i cui frutti vanno raccolti con benedizione e con il dono della memoria.
Il tutto, però, è parte integrante di un cammino che avvince il cuore, lo riempie di vita ed entusiasmo e stuzzica la fantasia. Tutto questo dà senso, forza e orientamento al cammino che sono chiamato a compiere. Rimango ammirato al punto di sentire sgorgare stupore e passione, desiderio di freschezza e genuinità nel continuare ad andare avanti con la pazienza di chi è sicuro che quel “lievito” già sta crescendo e facendo fermentare la mia fede.
Il Signore chiama e spesso scombina i piani. Me ne sto rendendo conto in questo tempo dove fedeltà e slancio entusiastico hanno bisogno di trovare un equilibrio per potersi mettere in gioco perché l’amore e il dono di sé possa prendere forma.
Il Risorto ci ricorda ancora una volta che l’incontro tra divino e umano è reale e rende la vita affascinate. Un mistero che sfugge, ma che dà significato alla vita che viviamo.