Continua ad aumentare la pressione del regime cambogiano sui mass media indipendenti e la socità civile.
La pressione del regime cambogiano sui mass media indipendenti e sulla società civile sta diventando insostenibile. Una situazione che con ogni probabilità andrà verso un ulteriore peggioramento in vista elle elezioni del luglio 2018 dove le speranze di democratizzazione del paese sono affidate alla circolazione di idee e informazioni più che ai giochi parlamentari. Ancor più dopo che la leadership dell’opposizione parlamentare è stata decapitata da provvedimenti giudiziari che hanno costretto all’esilio anche il suo leader storico Sam Rainsy, dimessosi lo scorso febbraio dal sua Partito per la salvezza del popolo cambogiano per evitarne lo sbando.
A lanciare l‘allarme non sono solo fonti interne, ma anche internazionali. Tra queste il gruppo di parlamentari impegnati per la tutela dei diritti umani nell’Asean, Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico, raggruppamento di dieci paesi che include anche la Cambogia.
«La repressione mostra la crescita drammatica delle mosse del governo contro voci critiche e indipendenti, fortemente preoccupante per il destino della democrazia cambogiana, soprattutto a meno di una anno dalla chiamata al voto», ha segnalato il 30 agosto il parlamentare malese Charles Santiago, che del gruppo Parlamentari Asean per i diritti umani è presidente.
«Da anni la Cambogia si segnala per il clima di paura incentivato dal partito di maggioranza per sostenersi al potere, ma quanto è successo nelle ultime settimane è un vero attacco agli spazi civili, diverso da ogni cosa vista finora dalla firma degli Accordi di pace di Parigi nel 1991 (che misero fine alla situazione di conflitto nel paese)», ha aggiunto Santiago.
A sollecitare l’intervento di esponenti politici di varia nazionalità e sfumatura politica ma di uguale impegno, è stata soprattutto l’ordinanza con cui il 23 agosto il governo di Phnom Penh guidato da Hun Sen, leader autocratico e intransigente al potere da un trentennio, ha chiuso l’ufficio cambogiano dell’Istituto nazionale democratico e ha espulso gli operatori stranieri dell’organizzazione. Un provvedimento che per i suoi critici è un chiaro esempio dei limiti posti all’attività di tante organizzazioni dalla Legge sulle associazioni e le Ong del 2015, sempre aspramente criticata per la sua ambiguità e per la possibilità che offre alla repressione del dissenso.
Non solo. Negli ultimi giorni si sono moltiplicati gli attacchi alle voci non allineate, con almeno una quindicina di radio costrette a cessare le trasmissioni. Lo stesso è capitato a Voice of America e Radio Free Asia al di fuori della capitale. Infine il Cambodia Daily, quotidiano bilingue inglese-khmer di tendenza critica verso il regime e riferimento per l’informazione indipendente nel paese, ha visto negata la possibilità di posporre il pagamento equivalente a 6,3 milioni di dollari di imposte e si trova davanti l’ultimatum del 4 settembre posto dalle autorità.