«Caro Duterte, anche la violenza è una droga»

«Caro Duterte, anche la violenza è una droga»

La lettera aperta di padre Peter Geremia, missionario del Pime, al presidente filippino che ha scelto le maniere forti per la guerra alla droga: «Liberiamo dalla schiavitù della droga e della corruzione; ma evitiamo di diventare noi stessi dipendenti dalla droga della violenza»

 

Un prete filippino ha detto che Duterte è l’unico presidente che lui conosce con il cuore da persona comune. Ha denunciato il cartello della droga come «la madre di tutti i crimini», da omicidi, stupri, rapimenti fino al sistema di corruzione che coinvolge agenti di polizia, politici, uomini d’affari e dello spettacolo, e persino alcune delle personalità più rispettate.

Il presidente Duterte ripete: «Amo il popolo filippino, devo proteggerlo, specialmente i giovani…». Il suo grido appassionato ha fatto crescere l’allarme sulla proliferazione delle droghe e di altri vizi collegati, dall’alcolismo alla pornografia, dalla prostituzione alla criminalità. Sono diventati tutti lauti affari che godono di protezione e impunità con il tacito consenso dell’opinione pubblica, a causa della cultura del permissivismo e della cultura della morte. Come possiamo accettare la graduale uccisione di molti, soprattutto giovani, che stanno distruggendo la loro salute e divenendo figure improduttive e distruttive nelle loro famiglie e nella società, finché non arrivano loro stessi di fatto a uccidersi?

Il presidente Duterte ha lanciato una guerra a tutto campo contro la droga. La polizia adesso sostiene che coloro che non si arrenderanno potranno essere uccisi e i vigilantes sono già assetati di sangue. Ogni guerra disumanizza i killer, soprattutto quando sono i civili a diventare gli obiettivi. Duterte ha dichiarato che per la protezione dei civili e dei nemici non armati si atterrà alle leggi di guerra.

Ma anche uccidere può diventare una droga. Uccidere persone malate può risultare facile, i killer possono sentirsi onnipotenti, ma possono anche trovarsi a sperimentare un profondo senso di colpa, spesso inconscio, che può causare disturbi della personalità, portando a varie forme di violenza, compresi l’alcolismo e la stessa tossicodipendenza… I killer sono pericolosi per le loro stesse famiglie. Per questo la guerra alla droga deve stare in guardia dagli omicidi, specialmente quelli dei vigilantes o anche della polizia che si comporta da vigilantes. Possono diventare loro stessi dipendenti dalla violenza.

Il presidente Duterte può infastidirsi per i consigli non richiesti avanzati da moralisti che non sono stati capaci di affrontare i loro fallimenti nelle azioni contro il problema della droga o anche contro problemi maggiori. Può anche chiamare le persone di Chiesa ipocrite e attaccare i leader stranieri per la loro incapacità a fermare crimini più gravi, come il sistema economico che permette ai ricchi di diventarlo ancora di più provocando innumerevoli morti tra i poveri, oppure il commercio degli armamenti e le guerre che alimentano i terrorismi.

Sì, dobbiamo tutti affrontare le nostre responsabilità. Papa Francesco denuncia la globalizzazione dell’indifferenza e la cultura dello scarto che accetta che milioni di persone soffrano la fame, abbandonino i loro Paesi, divengano vittime della guerra; che migliaia anneghino in mare o siano rese schiave dai trafficanti di esseri umani… Possiamo borbottare che questi problemi sono troppo grandi perché noi possiamo risolverli; e allora il presidente Duterte ci sfida a rialzarci dalla nostra accondiscendenza.

Vorrei che il nostro presidente, però, portasse avanti la guerra alla droga evitando la «droga degli omicidi». Vorrei che fosse in grado di convincere più persone a sostenere una lotta pulita, non una guerra sporca contro le droghe e la corruzione.

Che cosa direbbe Gesù su questo? Gesù amava far riflettere la gente attraverso le parabole, come quella del Figliol prodigo che aveva sperperato tutto, anche la sua stessa vita e le proprietà di famiglia. Quando trovò il coraggio di arrendersi a suo padre, non fu additato come una vergogna, ma fu sopraffatto da un amore compassionevole… Tuttavia il suo fratello maggiore rifiutò di condividere la gioia di suo Padre per il fratello che aveva causato vergogna alla propria famiglia.

Noi possiamo condividere il risentimento del fratello maggiore e possiamo anche pensare che sia più facile uccidere i tossicodipendenti che riabilitarli. Molti di loro si sono arresi, credo seguendo il consiglio delle persone care e dei loro amici. Questo è un segnale positivo che dice come molti di loro siano decisi a liberarsi dalla dipendenza dalla droga. Hanno bisogno di riabilitazione, il che è un problema sanitario: sono in grado il governo, le Chiese e la società civile di mettere in campo uno sforzo a tutto campo per la riabilitazione pari a quello per la guerra alla droga? Può ciascuno di noi aiutare in qualche modo?

E possiamo noi aiutare anche quanti rifiutano di arrendersi? Possiamo aiutare il governo a fermare il rifornimento delle sostanze stupefacenti e isolare e indicare chi sono i signori della droga? Possiamo avere più arresti di persone sospettate piuttosto che omicidi? Possiamo evitare «la droga dell’uccidere»?

Possa il Padre della Misericordia e della Compassione mostrarci come amare la nostra gente ed aiutarla a liberarsi dalla schiavitù della droga e della corruzione, evitando di diventare noi stessi dipendenti dalla droga della violenza.