AL DI LA’ DEL MEKONG
Casinò, fortuna e tanta sfortuna

Casinò, fortuna e tanta sfortuna

Se è vero che nel solo 2018 il governo ha rilasciato 52 nuove licenze per aprire altrettanti casinò, si contano nel Paese ormai 150 case da gioco, 88 delle quali nella sola provincia di Sihanoukville

 

Sihanoukville o Kompong Saom che dir si voglia, appare ormai estranea anche ai cambogiani stessi. Troppi sono i cinesi che la abitano. Troppe le insegne e il panorama urbano segnato da questa invasione arrogante. Troppi i casinò costruiti, insieme ad abitazioni e attività commericiali sorte per rispondere alle esigenze di questi nuovi ospiti, non certo disposti ad integrarsi. Anzi sono ospiti diventati padroni della città, con la tipica arroganza di chi ha denaro. La Cina fa così non solo in Cambogia. Con la sua One Belt One Road mira a sinicizzare l’intero pianeta, continente per continente.

Se è vero che nel solo 2018 il governo ha rilasciato 52 nuove licenze per aprire altrettanti casinò, si contano nel Paese ormai 150 case da gioco, 88 delle quali nella sola provincia di Sihanoukville. Si dia un occhio a questo video. Mostra lo sviluppo della città, all’insegna del gioco e del divertimento. Mi sia concesso aggiungere che l’intrattenimento non comporta solo il gioco, ma anche il sesso.

Un nostro ex-studente, brillante e capace, che parla fluentemente inglese, cinese, giapponese e coreano oltre ovviamente alla sua lingua madre, lo khmer, non esita, ma volendo rimanere anonimo, a raccontare che in questi luoghi del divertimento tutto è garantito. Sono strutture pensate per viverci dentro e, a volte, morirci. Non sono pochi i suicidi di coloro che avendo perso tutto non hanno più il coraggio di uscire vivi. La stampa non ne parla. Il business è business e non ha colore politico. Lo si vede dalle immagini. Sbattere sul tavolo da gioco mazzette di denaro è gesto usuale tra gli addetti. Una gentil signora al seguito è d’obbligo. Tutto luccica e induce al vizio. Un giocatore assiduo ai tavoli da gioco non teme di “investire” in una notte anche 100.000 dollari. Che vinca o che perda.

Non entriamo nel merito dei meccanismi che determinano le vincite o le perdite. I casinò sono macchine per fare denaro quindi, lo sappiamo, la maggior parte dei giocatori deve perdere. Se poi qualcuno se ne va, dopo tre giorni viene ricontattato telefonicamente dal personale e invitato a tornare a giocare ancora. Non una sola volta, più volte. Per convincere i più titubanti si offre loro un bonus di qualche migliaio di dollari. Molti ritornano e ricominciano. L’universo mentale di questa gente, l’umano che li distingue si confonde con la volgarità più crassa, qualcosa di demoniaco, che solo una pagina di Vangelo come quella di Marco (5,1-20) ha saputo descrivere. Gesù in quella pagina è alle prese con un uomo posseduto dal maligno. Il nome di quello spirito immondo è “legione” perché sono molti e tutti dentro il cuore dell’uomo. Gesù lo salva, caccia quegli spiriti che finiranno, su loro stessa richiesta, in una mandria di porci. Ecco svelata la natura di chiunque accetta il compromesso del gioco d’azzardo, non curante della volgarità di quell’attitudine. Un ingrediente indispensabile per frequentare questi luoghi è infatti l’incoscienza, la tracotanza, la superbia del ricco che fa dello sperpero il suo modo d’essere.

Non stupisce quindi che l’aumento del numero delle strutture da gioco sia motivo di preoccupazione per la gente di Sihanoukville. Come altrove. In ogni città di confine, la Cambogia ha strutture da gioco. In queste dichiarazioni comunque si nasconde non poca ipocrisia perché un’invasione così massiccia fa supporre che qualcuno abbia aperto la porta e continui a farlo. Seppure una legge impedisca in teoria ai cambogiani di entrare nei casinò, di fatto, sono molte le persone ridotte al lastrico dai debiti di gioco. Non solo l’azzardo pesante dei casinò ma anche quello spicciolo da strada, dal gioco delle carte alle competizioni tra i galli.

Nella prima metà del 2018 la Naga Corp Ltd, la più grande società di sale da gioco del Paese, ha dichiarato un guadagno netto di 180 millioni di dollari, grazie ai giocatori cinesi aumentati dell’80% nei primi quattro mesi dell’anno. Phnom Penh e Siahounkville si contendono i turisti del gioco ma pare che il primato spetti ancora (per poco) alla capitale.

È evidente che questi ingenti guadagni moltiplicano gli investimenti e accrescono il fenomeno. Ho la sensazione che quel One Belt One Road si presta a molteplici considerazioni. Che quella cintura alluda ad un legame è evidente. Che quel legame per molti Paesi stia diventando un legaccio, sembra altrettanto evidente. Un legaccio che ha a che fare con il loro debito pubblico, con la gestione delle risorse naturali di cui la Cina è ghiotta e più in generale, con l’invio di centinaia di migliaia di cinesi ad abitare le terre e le città di quegli stessi paesi.

Non diamo però solo la colpa alla Cina. Nell’azzardo bisogna chiamare in causa il cuore dell’uomo a tutte le latitudini se è vero che anche in Italia l’azzardo ha fatto incassi da record, 107,3 miliardi di Euro nel 2018. Abbiamo il primato europeo dell’azzardo e spendiamo per il gioco d’azzardo 300 volte di più che per i libri. Il resto dei numeri sono di dominio pubblico. Le indagini demoscopiche si sprecano. Il gioco continua, scorre come il sangue. Siamo impotenti. Come quella mandria che precipita dal dirupo.