C’è un vescovo a Hong Kong

C’è un vescovo a Hong Kong

Dopo due anni e mezzo papa Francesco ha nominato il gesuita Stephen Chow Sau-yan alla guida di una Chiesa in un momento particolarmente difficile per la dura repressione delle proteste anti-Pechino. Un pastore giovane che qualche tempo fa aveva detto: “Sono disposto a essere un ponte. Questa società non avrà futuro se qualcuno non sceglie di camminare nel mezzo e di fare da ponte”

 

Padre Stephen Chow Sau-yan, provinciale della provincia cinese della Compagnia di Gesù, è il nuovo vescovo di Hong Kong.

È una notizia molto bella. La comunità cattolica attendeva con ansia questo annuncio da ben due anni e quattro mesi. E credo che la reazione dei fedeli sia positiva: Hong Kong aveva bisogno urgente di un leader giovane, in pieno possesso dell’autorità del vescovo ordinario, in grado di assumere una guida di prospettiva per una comunità che sta attraversando il momento forse più difficile della sua storia. Il vescovo eletto non è una figura particolarmente nota, ma chi lo conosce lo descrive come una persona preparata, gentile, un uomo di sincera fede e attento all’educazione dei giovani. A lui vanno le nostre sincere congratulazioni. È bello che la comunità cattolica abbia un pastore, e che sia una persona che ci infonde profonda fiducia e speranza. È positivo che sia gesuita, forse così potrà avere un contatto maggiore con papa Francesco, rappresentandogli la preoccupante situazione di Hong Kong, che sembrava smarrita dai radar vaticani.

Originario di una famiglia cattolica, Stephen Chow è nato a Hong Kong nel 1959. Ha un curriculum formativo di inusuale eccellenza. Dopo le scuole secondarie presso il prestigioso collegio gesuitico Wah Yan; Chow ha ottenuto la laurea in psicologia e filosofia presso l’Università del Minnesota (Stati Uniti). È entrato nei Gesuiti nel 1984, e ha proseguito gli sudi in filosofia presso il Milltown Institute di Dublino (Irlanda).  Tornato a Hong Kong, ha studiato teologia all’Holy Seminary College ed è stato ordinato presbitero nel 1994. Ho studiato ‘Sviluppo organizzativo’ presso l’Università gesuitica Loyola (Chicago).

Da sempre impegnato nell’ambito della formazione accademica, dal 1995 ha servito nei due collegi Wah Yan della città. Nel 2006 ha ottenuto, presso l’Università di Harvard (Boston) un dottorato in Sviluppo umano e Psicologia. Stephen Chow ha lavorato, a Hong Kong, specialmente nel collegio Wah Yan, che ha due sedi, dei quali è attualmente ‘supervisore’. Alla guida della provincia cinese è stato eletto nel 2019.

Chow era nel gruppo ristretto responsabile dell’implementazione del progetto di una università della Compagnia di Gesù nel territorio di Hong Kong. Un progetto ambizioso e importante, che avrebbe finalmente portato una Università Cattolica nella città. Purtroppo, nonostante l’impegno fattivo della Compagnia di Gesù e dell’allora padre generale Adolfo Nicolas, il governo di Hong Kong, passato nelle mani del filo-comunista C. Y. Leung, cambiò le carte in tavola, negando la concessione promessa (a Queen’s Hill, a Fanling, vicino il confine tra Hong Kong e il Continente) e destinando il terreno all’edificazione di palazzi residenziali. Fu un grave smacco per i progetti educativi della Compagnia di Gesù, per la comunità diocesana e accademica della città. Lo stesso Stephen Chow ha vissuto l’amarezza del voltafaccia dal governo. Ma questo episodio ci fa capire la grande attenzione del vescovo eletto per i temi e la libertà dell’educazione cattolica.

Stephen Chow è stato membro del consiglio pastorale della diocesi, in rappresentanza dei religiosi. Padre Luigi Bonalumi, rettore del Seminario Pime di Monza, lo ricorda come un uomo cordiale, che si fece portavoce delle scuole cattoliche. “La libertà delle scuole cattoliche – ci dice padre Bonalumi – è una delle principali sfide che la diocesi di Hong Kong deve affrontare in questo difficile periodo. La nomina di padre Chow fa ben sperare che ci sarà un grande impegno per la salvaguardia della libertà educativa”.

Lo scorso anno Stephen Chow aveva dichiarato al settimanale cinese Ming Chau di aver partecipato, nel passato, alle veglie del 4 giugno (in commemorazione di Piazza Tiananmen). E, circa la situazione di Hong Kong, Chow affermò che “nessuno in questo mondo è neutrale. Ma nella mia posizione (di direttore di scuola e di religioso ndr), cerco di accogliere tutte le opinioni. E sono disposto a essere un ponte. E come un ponte cerco di sopportare la critica quando le mie osservazioni sono spiacevoli per entrambe le parti. Questa società non avrà futuro se qualcuno non sceglie di camminare nel mezzo e di fare da ponte”.

Certamente la scelta di Stephen Chow è legata al fatto che non è visto né come uno strenuo sostenitore del movimento democratico (quale era il candidato Joseph Ha, vescovo ausiliare) né percepito come amico della Cina (quale era ritenuto, credo a torto, l’altro vicario generale, padre Peter Choy). Per un certo tempo si vociferava della candidatura del vescovo di Macao Stephen Lee ma, evidentemente, era una candidatura che presentava significativi punti deboli.

Rimane il rammarico che ci siano voluti ben due anni e mezzo per arrivare a questa scelta. L’anziano cardinale John Tong, uomo che merita rispetto e riconoscenza, non poteva continuare a svolgere una supplenza fuori tempo massimo. Il vescovo eletto non viene da fuori, era già lì, e sorprende che non sia stato individuato prima, data la gravissima situazione di crisi nella città e nella diocesi di Hong Kong. Ma meglio tardi che mai, come si dice. Ora c’è il vescovo ad Hong Kong, e noi siamo con lui.