A conclusione dell’anno giubilare, parla padre Luigi Bonalumi del Pime, unico “missionario della Misericordia” designato da Papa Francesco per i territori di Hong Kong, Macao e della Cina
Padre Luigi Bonalumi, sessant’anni, missionario del Pime e parroco del Cuore Immacolato di Maria nel distretto di Tai Po, è l’unico missionario della Misericordia designato da Papa Francesco per Hong Kong, Macao e tutta la Cina continentale. Lo abbiamo incontrato nella sua parrocchia che è anche una delle sette chiese di Hong Kong con la Porta santa di questo Giubileo straordinario.
Padre Luigi, il Papa ha sorpreso tutti con l’annuncio di questo Giubileo. In una udienza pubblica ha detto anche che esso è «necessario» per la Chiesa. In che senso questo si applica ad Hong Kong?
«L’annuncio di Papa Francesco, all’inizio della Quaresima 2015, è arrivato proprio dopo la cosiddetta rivoluzione degli ombrelli qui a Hong Kong. Per più di due mesi, i giovani hanno tenuto in scacco la città e le autorità, denunciando situazioni di ingiustizia e minacce alla democrazia. Naturalmente, è stato un segnale di lacerazione che ha toccato le famiglie e le comunità. Da una parte, i ragazzi che protestavano; dall’altra il “big business” e chi subiva il disagio di muoversi e di andare a lavorare nel centro città bloccato dalle manifestazioni. Tutto ciò ha fatto emergere il problema della disuguaglianza sociale; della dittatura della finanza; di chi si arricchisce senza scrupoli mentre i giovani non riescono a metter su casa e famiglia, per i costi eccessivi delle abitazioni; della carenza di lavoro dignitoso e democrazia».
Nel tuo ministero pastorale cosa hai constatato di particolare in questo anno?
«Non posso dire di aver avuto un impegno particolarmente oneroso per ciò che riguarda il ruolo specifico di “missionario della Misericordia”. Ovvero la facoltà di assolvere le scomuniche legate ad alcuni peccati riservati alla Santa Sede (eccetto la scomunica conseguente l’ordinazione illecita di un vescovo). Devo dire, però, che non ho mai confessato tanto come quest’anno. A volte la gente veniva con attese irrealistiche, tipo quella di vedere sanata ogni forma di situazione matrimoniale irregolare. Moltissimi, tuttavia, hanno davvero sentito e vissuto nel profondo questa possibilità di un pellegrinaggio penitenziale e di riconciliazione. Prima, in parrocchia, avevamo le confessioni regolari il primo sabato del mese. Ora, invece, ogni sabato e domenica è necessario che ci sia qualcuno in confessionale tutto il giorno. Abbiamo notato che molti hanno cercato una riconciliazione col loro passato per ritrovare serenità. Anche la comunità filippina, in genere poco attenta al sacramento della riconciliazione, ha mostrato più interesse».
L’anno della Misericordia è stato quindi molto vissuto interiormente.
«Certamente! La nostra è una delle sette chiese di Hong Kong con la Porta santa. Per questo abbiamo organizzato anche un itinerario di preghiera e riflessione prima dell’ingresso. Siamo anche la prima chiesa giubilare che si incontra venendo dalla Cina continentale. E così, anche molti cattolici che vengono da lì si sono fermati per pregare. Abbiamo dei volontari laici che accompagnano i gruppi e sono preparati per le tre lingue parlate a Hong Kong, ossia il cantonese, il mandarino e l’inglese».
I fedeli hanno capito il senso profondo di questo Giubileo?
«Alcuni hanno fatto un po’ di confusione. Sono venuti da me, ma potevano andare da qualsiasi altro parroco. Altre cose non riguardavano il confessore, ma il tribunale ecclesiastico. La grande sorpresa, purtroppo negativa, è stata la scoperta di un ingente numero di aborti. La gente è venuta a confessarsi per una ferita che si portava dentro da quindici o vent’anni e che non si è mai rimarginata. Io mi accorgo solo adesso di cosa è successo qui nel passato. Una vera strage degli innocenti».
La situazione è migliorata?
«Mi pare che riescano a evitare di più l’aborto. Forse c’è più istruzione. O riescono a prevenirlo con i contraccettivi. La gente abortiva per motivi economici o per la giovane età della ragazza. Era facile andare appena oltre confine, in Cina continentale, fare tutto in giornata e a poco prezzo. Non rimaneva nessuna traccia nei documenti degli ospedali di Hong Kong. In molti, però, è rimasto il senso di colpa per aver soppresso una persona. Molti non erano ancora cattolici. Lo sono diventati dopo. Ma la ferita psicologica è rimasta».
Oggi quali sono i “mali” di Hong Kong?
«Sono lo strapotere della finanza, la dittatura del profitto, il guadagno più importante delle persone, il disinteresse per lo Stato sociale, la facile privazione del lavoro, la speculazione sulla casa, la carenza di centri di accoglienza per gli anziani, eccetto quelli privati, costosi e scadenti come servizi… La società di Hong Kong si confronta oggi con tante sfide cruciali per il suo futuro».
Avete promosso qualcosa di particolare per i poveri nell’anno della Misericordia?
«Una volta al mese offriamo in parrocchia un pasto e un po’ di accoglienza ai raccoglitori di cartone. Sono in genere anziani senza pensione o sostegno familiare. Oppure gente di mezza età che ha perso il lavoro e vive di espedienti. Offriamo anche buoni-pasto nei ristoranti della zona per casi di necessità che si presentano. Ci occupiamo anche di altre opere di misericordia. Abbiamo potenziato la visita agli ammalati negli ospedali. Ora stiamo pensando alle carceri, ma è più difficile a causa dei permessi che bisogna ottenere dalle autorità. Ci occupiamo anche del “seppellire i morti”, cioè della preghiera presso la camera mortuaria e poi della funzione funebre. Tutte cose che c’erano anche prima dell’anno della Misericordia, ma che abbiamo potenziato. Per questo posso dire che certamente è stata una buona idea quella dell’anno della Misericordia e che ha portato, almeno qui, molti frutti».