Dal 1 gennaio in vigore un regolamento che impone l’esame per ottenere la licenza matrimoniale. Misura drastica in un Paese dove 630 mila indonesiani convivono con l’Aids e 8.500 neonati ogni anno risultano sieropositivi
Una misura potenzialmente discriminatoria e che sicuramente avrà riflessi determinanti sull’esistenza di individui già duramente colpiti dalla sorte che cercavano in unioni familiari una vita nuova o più piena. Eppure non ha sollevato finora grandi contrasti il nuovo regolamento che nella capitale Giakarta impone alle coppie che intendano contrarre matrimonio il test per verificare l’eventuale positività al virus dell’Hiv. La sua mancanza impedirà di ottenere la licenza matrimoniale e ogni unione comunque concretizzata sarà dichiarata nulla.
Il provvedimento, proposto nel 2017 sulla falsariga di uno simile in vigore dal 2016 nella vicina città di Bogor, è entrato in vigore il 1° gennaio, fortemente voluto dal governatore Anies Rasyd Baswedan come parte della campagna – che è anche nazionale – di contenere la diffusione dell’Aids. Il test va condotto in ospedale, gratuitamente, e deve avere luogo un mese prima della data prevista per le nozze. Il certificato dell’ospedale va consegnato poi al ministero per gli Afferi religiosi, in un Paese in cui la maggiorana dei cittadini sono di fede musulmana.
Come ha ricordato lo stesso governatore, è sempre più “importante ridurre il rischio di trasmissione del virus, non soltanto tra coniugi ma anche ai loro figli. Se entrambi o anche uno dei futuri sposi dovessero essere trovati positivi, saranno trattati con farmaci antiretrovirali e inseriti nel programma di prevenzione della trasmissione tra madre e bambino”.
Il provvedimento ha suscitato qualche perplessità, ma la reazione degli stessi ambienti religiosi è stata sostanzialmente positiva davanti ai dati più recenti del ministero della Sanità che segnalano attualmente 630mila indonesiani che convivono con l’Aids (di cui 55mila nella sola Giakarta) e un numero di 8.500 neonati sieropositivi ogni anno.
Il dottor Teguh Sasongko, responsabile della Commissione per la Salute dell’arcidiocesi di Giakarta, ha dichiarato di ritenere utile l’iniziativa e che uno screening per eventuali patologie dovrebbe essere parte del percorso di conoscenza reciproca della coppia in vista dell’unione definitiva, anche perché il suo obiettivo è di «creare una famiglia in salute come presupposto per una vita di coppia felice».
La diffusione dell’Aids è stata ampiamente sottostimata in passato e la diffusione di droghe iniettabii – come pure una sostanziale clandestinità delle attività sessuali al di fuori delle unioni formali – ha reso il problema difficilmente gestibile, anche per le caratteristiche di vastità e dispersione del territorio indonesiano e i limiti delle risorse disponibili. Come per la tossicodipendenza, tuttavia, la sostanziale pandemia di malattie sessualmente trasmissibili ha chiamato all’azione le autorità. Per Unaids, se il numero complessivo dei nuovi casi di contagio è diminuito del 22 per cento dal 2010, i decessi sono cresciuti del 68 per cento e entrambi si sono diffusi maggiormente all’esterno dei gruppi ritenuti tradizionalmente a rischio di contagio, tra i giovani e coppie eterosessuali.