Quattro deputati estromessi direttamente da Pechino, altri quindici dimissionari per protesta. E tutto questo dopo che a settembre erano già state strumentalmente impedite le nuove elezioni. Se Hong Kong è sparita dai media non è certo perché la sua vicenda sia stata risolta o sia meno grave
Ancora notizie tristi da Hong Kong. Pechino, senza passare per l’autorità del governo locale, ha estromesso dal parlamento della città quattro deputati del Partito civico, uno dei vari raggruppamenti della galassia democratica di Hong Kong. Come conseguenza lo scorso 11 novembre altri quindici parlamentari democratici hanno presentato le dimissioni. Una specie di “Aventino” che lascia il parlamento di Hong Kong senza nessuna opposizione. Ancora un passo verso il baratro, verso l’annullamento di ogni rimanente simulacro di democrazia in una città che è stata per decenni un luogo avanzato di libertà, di pluralismo politico e di aspirazioni democratiche.
L’attenzione dei media internazionali dello scorso luglio, a seguito della drammatica introduzione della legge di sicurezza nazionale, si è ormai spenta. Questo ennesimo episodio, di cui si fa forse fatica a percepirne la portata, mostra che Hong Kong è sparita dai media non perché la sua vicenda è stata risolta o sia meno grave. Non ci sono più le manifestazioni oceaniche, ma un sistematico e continuo stillicidio di misure repressive – da parte delle autorità centrali e locali, della polizia e dell’ufficio politico incaricato ad applicare la legge sulla sicurezza. Quest’ultimo organismo, installato il primo luglio, è il vero e proprio “governo ombra” della città: è lì che – di fatto – si governano le sorti di Hong Kong. I principi della Legge Base “un Paese – due sistemi” e “un alto grado di autonomia” sono politicamente finiti, anche se formalmente ancora non aboliti.
Che ne sarà del parlamento? Le elezioni che dovevano svolgersi a settembre furono strumentalmente sospese a causa della pandemia. In verità potevano essere svolte in tutta sicurezza: Hong Kong fortunatamente è stata sostanzialmente risparmiata dagli effetti più deleteri del Covid-19. E questo grazie alla gente che è molto coscienziosa, preparata e disciplinata. Sulle questioni sanitarie qui non abbiamo negazionisti, scienziati litigiosi, commissari straordinari bizzarri. Abbiamo un popolo che sa che cosa fare.
Per tornare alle elezioni: temo che non ci saranno neanche il prossimo anno. O forse più probabilmente, che si terranno elezioni non democratiche: verrà impedito a un certo numero di partiti di opposizione di presentarsi e a esponenti politici di candidarsi.
È un periodo di transizione, di preoccupazione e di incertezza, in quanto gli effetti della legge sulla sicurezza non sono ben conosciuti nella loro insidiosità. Non si sa chi, prima o dopo, sarà preso di mira. Molta gente un po’ per sfinimento, un po’ per paura, non parla più volentieri delle vicende politiche.
L’esclusione dei quattro deputati democratici e le dimissioni degli altri 15 sono un ulteriore episodio di un destino triste e già segnato. Negli ultimi quattro mesi sono state arrestate tante persone non solo in città, ma anche sul mare nel tentativo di raggiungere Taiwan. Docenti universitari sono stati licenziati; e molte iniziative ‘politicamente sensibili’ sono state impedite o imposte in molte istituzioni educative. Povera, amatissima Hong Kong.