La campagna per tutelare onore e incolumità delle varie razze bovine presenti nel paese è diventata letale.
Continua la carneficina legata ai bovini in India, e non quella degli animali ma degli umani che sul loro allevamento, macellazione e vendita vivono. Sono centinaia di migliaia gli individui che nell’immenso paese orientale traggono sostentamento da attività che – incluse quella della scuoiatura, conciatura e uso delle pelli – sono per lo più appannaggio di minoranze religiose (musulmani) o di indù di bassa casta o fuoricasta. Questo per la tradizionale considerazione e protezione che l’induismo accorda a un animale considerato come sacro in quanto “veicolo” di Shiva, tra le divinità principali del vasto pantheon induista, come il bufalo lo è di Yama, nume tutelare dei defunti.
Di fatto, però, nella plurimillenaria storia dell’India, tolleranza e anche parziali deroghe alla prassi sono state abituali, se non in periodi in cui la questione è stata strumentalizzata per ragioni diverse da quelle religiose con le prerogative dietetiche e alimentari a esse connesse.
Come ora. Da tempo, infatti, i gruppi estremisti dell’induismo hanno lanciato una loro campagna per la difesa dei bovini, parte di una più vasta e variegata mirata a “riappropriarsi” del Paese marginalizzando tradizioni diverse nella prospettiva di una loro assimilazione o espulsione.
Non un’opera di convincimento, però, o neppure di sottile manipolazione. La campagna per tutelare onore e incolumità delle varie razze bovine presenti nel paese è diventata letale.
Il 30 aprile altri due musulmani sono stati linciati, in questo caso nello Stato nord-orientale di Assam, perché accusati di contrabbandare bovini oltreconfine, nel musulmano Bangladesh. Delitti che si aggiungono a una serie di omicidi, sovente attuati con modalità efferate, che in parte sono conseguenza di una politica governativa in mano agli induisti militanti che ha quasi azzerato allevamento e macellazione con gravi danni economici e posto in stato d’assedio un gran numero di individui, famiglie e iniziative imprenditoriali che vivono sull’industria della carne e del pellame. Anche, però, acuendo carenze alimentari che alla fine ricadono sui più poveri.
Una situazione che evidenzia ancora una volta la condizione di degrado e sudditanza in cui vive una parte consistente della popolazione indiana (un’ampia percentuale dei 190 milioni di musulmani, decine di milioni di appartenenti a altre minoranze religiose, etniche e tribali, e forse 200 milioni di indù di bassa casta o fuoricasta, dalit) sottoposta non solo al disagio e sottosviluppo ma anche a discriminazioni di origine socio-religiosa che vengono perpetuate per interesse economico e di potere.
Una situazione che ha avuto un prologo accertato nel settembre 2015, quando un capofamiglia musulmano, accusato di avere macellato una mucca per consumarne la carne, è stato massacrato da una folla di indù a in un villaggio presso Dadri, città dello stato settentrionale di Uttar Pradesh. Il figlio di 22 anni, pure aggredito, si era salvato anche se ferito, mentre la moglie e le figlie erano uscite a stento incolumi da una vicenda che aveva aperto gli occhi a molti su una realtà di pressione e aggressioni finora ignorata dai mass media.
L’Uttar Pradesh è tra gli Stati che hanno rafforzato le leggi che vietano la macellazione delle mucche e la vendita e il consumo della loro carne, affiancato o seguito da altri per convinzione delle loro élite politiche o per le pressioni degli estremisti.
Ragioni di opportunità politica, con un partito come il Bharatiya Janata Party al potere centrale dal maggio 2014 e “pigliatutto” anche nelle elezioni locali in corso proprio utilizzando la carta del settarismo e dello sviluppo economico a scapito di identità minoritarie e rispetto dei diritti civili, hanno però portato a crescenti interventi anche in questo ambito per favorire gli indù nazionalisti.
La società civile ha reagito, moltiplicando le interrogazioni alle autorità sull’opportunità di stabilire per legge che cosa gli indiani possano o non possano mangiare… finora con più rischi che risultati. Non a caso, dopo l’ultima letale aggressione ai due musulmani, uno dei leader del Partito del Congresso nazionale indiano, che arranca all’opposizione sotto la guida dell’indiana naturalizzata ma di origine italiane Sonia Gandhi, ha sottolineato l’assurdità e ingiustizia della situazione. «Con gli immensi problemi dell’India, a partire dalla condizione femminile, è incredibile che il nostro governo pensi soprattutto a difendere mucche e bufali», ha dichiarato la combattiva Renuka Chowdhury.