Dajeeling – ai piedi dell’Himalaya – scossa dalle proteste del gruppo di etnia nepalese che vuole la secessione del Bengala Occidentale. Ad accendere le tensioni è stata la proposta del governo di Calcutta di inserire lo studio della lingua bengali, prevalente nello Stato, tra le materie di studio
Esattamente come il Kashmir – anch’esso definito “paradiso terrestre” dai suoi sovrani musulmani del passato – all’opposto orientale del subcontinente indiano il minuscolo territorio di Darjeeling, parte dello Stato indiano del Bengala Occidentale, manifesta una struggente bellezza naturale e vede una connessione stretta di rivendicazioni etniche e culturali aggravata da strumentalizzazioni politiche e religiose.
In vista delle vette himalayane, località tra le più celebrate dal turismo sin dai tempi dell’Impero britannico dell’India, Darjeeling ha visto nelle ultime settimane una recrudescenza di violenze che manifestano tensioni abitualmente soffocate dalle ragioni dell’economia e della convivenza. Tensioni anzitutto tra l’elemento tradizionale, tibetano e buddhista, e quello nepalese e indiano induista; sulle quali però si innestano anche le rivendicazioni della minoranza musulmana. Tibetani e musulmani sono la base elettorale del Trinamool Congress, che con a capo la signora Mamata Banerjee a Calcutta governa il Bengala Occidentale con una politica che si può definire di sinistra moderata. Il secondo gruppo, invece, espresso sopratutto dal Gorkha Janmukti Morcha (Gjm, Movimento popolare dei Gorkha), si collega localmente con la politica del filo-induista Bharatiya Janata Party al potere a livello centrale.
Ad accendere le nuove tensioni è stata la proposta del governo locale di inserire lo studio della lingua bengali, prevalente nello Stato, tra le materie di studio anche nelle aree sotto il controllo del Gjm, dove invece è diffuso il nepali, lingua maggioritaria nel vicino Nepal ma riconosciuta tra le lingue nazionali indiane. Una possibilità, dunque, vista come un affronto all’identità dei Gorkha ma anche come una mossa politica per indebolire la presa del Gjm. Timore questo accentuato dalla recente vittoria del Trinamool nella municipalità di Mirik, strappata per la prima volta nelle regioni collinari del Bengala proprio al Gjm.
Neppure la precisazione del governo locale che si sarebbe trattato di un insegnamento supplementare, volontario nella frequenza, ha calmato gli animi. Dopo le prime avvisaglie di tensione l’11 e 12 giugno – con l’incendio da parte di sostenitori del partito di uffici governativi a Bijanbari e Darjeeling – l’irruzione della polizia negli uffici del Gjm nei dintorni del capoluogo del distretto e la scoperta di archi, frecce, armi bianche e denaro ha avviato una nuova fase, più intensa, della protesta facendo della polizia il principale avversario.
Vi sono stati nei giorni scorsi scontri con il lancio di pietre e bottiglie incendiarie da parte dei sostenitori del Gjm a cui la polizia ha risposto con cariche e lancio di lacrimogeni per evitare il blocco del distretto dichiarato dalla leadership del partito. Sarebbero almeno quattro i morti tra gli etnici nepalesi, ma le autorità non confermano. Diversi anche i feriti tra poliziotti e altri individui coinvolti negli scontri.
Biman Gurung, leader storico dei Gorkha in Bengala ha chiamato i suoi alla “battaglia finale” per portare a termine un movimento di liberazione attivo a fasi alterne da quasi un secolo. Un voltafaccia importante, dopo che – solo pochi mesi fa, in crisi di leadership -, Gurung aveva accettato di rinunciare alle rivendicazioni di uno Stato separato per i Gorkha in India, in cambio di un’autonomia estesa. Mentre chiedeva ai suoi di proseguire la lotta, però, Gurung ha anche chiamato al dialogo i suoi alleati del Bjp a livello federale, bypassando il governo di Calcutta. Da parte sua anche il vescovo di Darjeeling – Stephen Lepcha – ha espresso comprensioni per le rivendicazioni dei Gorkha: «Il problema vero nasce dal fatto che la gente qui non vede una vera presenza del governo locale a sostegno di questa regione montagnosa – ha spiegato all’agenzia UcaNews -. A Darjeeling si soffre a causa della disoccupazione e della povertà».
Il governo di Calcutta ha chiamato al dialogo, chiedendo di fermare la protesta che priva il suo Stato e il distretto di Darjeeling di importanti introiti nel settore del turismo. Mamata Banerjee ha accusato infiltrazioni nella protesta da parte di militanti di gruppi indipendentisti e anche da “terroristi” presenti in altri Stati nord-orientali e in Paesi limitrofi.
Una situazione potenzialmente esplosiva si va quindi sviluppando tra le colline, le praterie e le piantagioni di tè tra le più rinomate al mondo. Al momento è difficile vedere una soluzione negoziata. Molto dipenderà dall’atteggiamento del governo di New Delhi e del Bjp, il cui attuale rappresentante di distretto al Parlamento centrale, S.S. Ahluwalia, aveva promesso nella campagna elettorale del 2014 di creare uno Stato separato del Gorkhaland in caso di vittoria.