Il Bjp si afferma a spese del partito del Congresso nei tre Stati nord-orientali di Meghalaya, Nagaland e Tripura. Realtà piccole contrassgnate da forti presenze cristiane, dove però la politica dell’hindutva si fa strada con le campagne di «riconversione»
Non un cataclisma, a maggior ragione nella turbolenta arena politica indiana, ma sicuramente un risultato significativo per i vincitori, per i vinti e per i cristiani nei tre Stati nord-orientali di Meghalaya, Nagaland e Tripura. I primi due tradizionali feudi del Partito del Congresso che fu di Indira Gandhi e per un ventennio guidato dall’italiana di nascita Sonia Gandhi che solo due mesi fa ha lasciato la presidenza al figlio Rahul; il terzo tradizionale fortezza comunista.
La vittoria nelle elezioni di febbraio per il rinnovo dei parlamenti locali, con i risultati annunciati nei giorni scorsi, ha mostrato non solo che la proposta populista del Bharatiya Janata Party è vincente, ma anche che gli avversari non sono più credibili. E che va scomparendo ogni rapporto significativo tra voto e fede.
Se prima infatti il laicista Partito del Congresso raccoglieva buona parte del voto delle minoranze religiose, negli ultimi anni è il Bharatya Janata Party a accaparrarsi preferenze non solo dalla maggioranza indù della popolazione ma anche dai settori meno favoriti delle comunità musulmana e cristiana. Tra le quali la politica induista va anche facendosi strada con un’opera di riconversione consistente, basata sulla concessione per legge di benefici agli indù di bassa casta o fuoricasta ma non ai loro pari di altra fede.
Non a caso, quindi la vittoria del Bjp nel voto di inizio marzo ha avuto come protagonisti alle urne minoranze e gruppi etnici che qui come altrove sono stati in passato (e sovente sono ancora) obiettivo della propaganda anche violenta proprio degli estremisti indù che nel Bjp hanno il principale riferimento politico. Partito nei programmi e nei toni più presentabile dei movimenti radicali che propugnano un’India per soli indù senza differenziarsi però nella sostanza.
Nel Tripura, il partito che a livello nazionale esprime il premier Narendra Modi e i suoi alleati hanno vinto 43 dei 60 seggi del parlamento locale, scalzando i comunisti dopo 25 anni di potere ininterrotto.
Nel Nagaland – con l’89 per cento di battezzati sul totale della popolazione uno dei tre Stati dell’India (insieme a Mizoram e Meghalaya) dove i cristiani sono maggioritari, il Bjp ha ottenuto solo 12 voti ma in coalizione con altri partiti ha ora 31 seggi e si propone a guidare il governo locale. Con soli due seggi su 59, anche nel cattolico Meghalaya il partito che guida il governo federale dell’India e una ventina di Stati e Territori su 36 complessivi, ha chiesto che gli venga riconosciuto un qualche ruolo in un governo di coalizione che associa un partito locale e altri tre minori uniti nell’intento di chiudere le porte al Congresso, ancora partito principale ma senza più maggioranza.
Con la vittoria nel Nord-Est – vittoria relativa perché in Stati con una popolazione complessiva di appena 9 milioni di abitanti – i nazionalisti potranno ora cavalcare l’onda del voto cristiano nelle elezioni generali del prossimo anno in un altro e più importante Stato, quello meridionale del Kerala, dove il 20 per cento dei 35 milioni di abitanti è cristiano. La maggiore concentrazione di battezzati dell’India indera.