La strage di oggi alle cattedrale giunge a due giorni dalla proclamazione ufficiale del risultato del referendum sulla regione autonoma del sud delle Filippine, a maggioranza musulmana, che doveva porre fine a un lungo conflitto. Padre Mollick, missionario del Pime a Zamboanga: «Preghiamo per la giustizia e una pace duratura nella quale la gente possa vivere nell’armonia e nel rispetto delle diversità»
È una domenica di sangue per le Filippine alle prese con la terribile notizia dell’attentato alla cattedrale di Jolo sull’isola di Sulu: due bombe di prima mattina che hanno ucciso 27 persone e provocato una settantina di feriti. Una nuova strage di chiara matrice jihadista contro i cristiani. Ma anche un atto che si inserisce in un contesto ben preciso: quello di una regione che sta provando con una soluzione politica a uscire dal lungo conflitto che vede fronteggiarsi Manila e gli indipendentisti islamici che vivono nel sud delle Filippine.
Da Zamboanga padre Biplob Mollick, missionario del Pime, scrive: «La Chiesa cattolica è profondamente rattristata da questo attentato brutale. Chiediamo a tutti i nostri fratelli nella fede, cristiani e musulmani, di esserci vicini nella preghiera per tutte queste anime innocenti delle persone che sono morte e per le loro famiglie. Preghiamo anche per la giustizia – invochiamo giustizia e una pace duratura nella quale la gente possa vivere nell’armonia e nel rispetto delle diversità». Anche padre Sebastiano D’Ambra, impegnato da anni nel movimento Silsilah per il dialogo tra cristiani e musulmani a Mindanao, ha commentato in una dichiarazione ad AsiaNews la strage: «Anche qui, nelle Filippine, si stanno diffondendo pericolose ideologie islamiste. Ma nonostante tutto, il dialogo tra musulmani e cristiani continua ed è l’unica via da seguire».
Con il referendum del 21 gennaio – il cui risultato è stato diffuso venerdì – è stata approvata la nuova autonomia per le aree a maggioranza o forte minoranza islamiche del meridione filippino. La Commissione elettorale ha proclamato la ratifica della Legge organica per il Bangsamoro (patria islamica) che diventerà norma a tutti gli effetti dopo l’invio al presidente Rodrigo Duterte e al Congresso, ma anche dopo che sei municipalità delle province di Lanao del Norte (Baloi, Munai, Nunungan, Pantar, Tagaloan e Tangkall) e 39 villaggi di quella di North Cotabato (Aleosan, Carmen, Cabacan, Midsayap, Pigkawayan e Pikit) – non inclusi nella precedente consultazione referendaria – si saranno a loro volta espressi il 6 febbraio.
A far parte della nuova struttura amministrativa chiamata Regione autonoma Bangsamoro di Mindanao musulmana (Barmm) saranno le aree elettorali di Cotabato City, Isabela City, Basilan e le province attualmente parte della Regione autonoma di Mindanao musulmana (Armm), ovvero quelle di Sulu (dove si trova Jolo), Tawi-Tawi, Lanao del Sur e Maguindanao. Alla nuova autonomia saranno delegati la gestione della terra e delle acque, l’autonomia fiscale, una percentuale maggiore delle risorse nazionali, ma anche un ruolo di gestore dell’ordine affidata al Fronte islamico di liberazione Moro, principale movimento guerrigliero ancora in armi e attivo dal 1977. Ai suoi 30mila effettivi, associati alle forze di sicurezza nazionali, toccherà appunto garantire che gli altri gruppi minori di militanti attivi nel meridione filippino siano messi in condizione di non nuocere e con essi le istanze jihadiste e terroriste che hanno trovato per molti anni santuari e reclute in queste aree che confinano con le islamiche Indonesia e Malaysia. L’attentato di oggi a Jolo mostra chiaramente quanto questo problema sia la principale sfida che il Bangsamoro si troverà ad affrontare.
Territorialmente, si tratta di un’estensione della precedente autonomia, nata nel 1989 e di fatto mai decollata e il cui controllo era stato affidato all’organizzazione che storicamente ha avviato la lotta armata islamista nella regione, il Fronte nazionale di liberazione Moro, guidato oggi come un trentennio fa da Nur Misuari.
Su un totale di 2.167.244 ammessi al voto, sono stati 1,844.873 a recarsi alle urne, l’85,13 per cento, con l’affluenza massima nella provincia di Maguindanao (93,35 per cento) e la minore Cotabato City (54,22 per cento).
Un caso particolare, quello della città di Isabela, centro amministrativo dell’isola-provincia di Basilan. Se infatti l’isola, già parte dell’Armm ha votato per l’accesso della città all’autonomia, il risultato nel capoluogo è stato negativo e quindi resterà fuori dalle nuove strutture amministrative, mantenendo le prerogative precedenti.