Convertita ma non pentita: la svolta a metà dell’attivista dei khmer rossi

Convertita ma non pentita: la svolta a metà dell’attivista dei khmer rossi

Im Chaem ha oggi 76 anni ed è una delle ultime sostenitrici del regime dei khmer rossi in Cambogia. A ucanews.com ha raccontato la sua recente conversione al cristianesimo; ma questo percorso non va di pari passo con l’ammissione delle proprie colpe durante il regime.

 

Ad Anlong Veng, nel nordovest della Cambogia, resiste ancora una piccola enclave di sostenitori della dittatura dei Khmer rossi, che dal 1975 al 1979 ha perpetrato un’immane carneficina di persone che secondo le stime superano di gran lunga le due milioni di anime. Qui i turisti vengono a visitare la tomba di Pol Pot e la casa di Ta Mok, uno dei maggiori leader del regime conosciuto anche come “il macellaio”. Ed è sempre qui che degli ex ufficiali ora conducono una vita tranquilla.

Tra questi Im Chaem, 76 anni, al tempo del regime faceva riferimento direttamente a Ta Mok. Se nel corso degli anni diversi militari della dittatura sono stati accusati di genocidio e crimini contro l’umanità, solo tre sono stati quelli finora condannati alla prigionia: Nuon Cheu, Khieu Samphan and Kang Kek Iew, ex capo della tristemente nota prigione di Tuol Sleng.

Le accuse contro Im Chaem sono state fatte cadere perché non ricopriva ruoli sufficientemente importanti e non si trovava nei ranghi più elevati del regime. Le sue mansioni consistevano nel supervisionare le uccisioni di decine di migliaia di persone tra il 1977 e il 1978, ma Im Chaem, che oggi è nonna, ha sempre negato tutte le accuse che sono state mosse nei suoi confronti.

“Ciò che facevo doveva aiutare e proteggere la vita delle persone. Conducevo le persone al lavoro, a imparare come crescere i figli e come coltivare. Non c’è nulla di sbagliato in tutto ciò”.

Tra gli altri compiti principali di Chaem c’era anche quello di epurare chiunque mettesse in atto comportamenti tacciabili di tradimento, tra cui per esempio l’impossibilità di produrre la quantità di riso prestabilita dal regime, che fissava degli standard difficilissimi da raggiungere vista la tecnologia utilizzata e le condizioni in cui versava la popolazione che fungeva da forza lavoro.

Sul sito di UcaNews, Chaem ha raccontato la sua conversione al cristianesimo avvenuta nel 2018, tre anni dopo la morte del figlio. Dopo che nel 2017 le accuse contro di lei erano state fatte cadere, Chaem aveva dichiarato al New York Times che si stava dedicando allo studio dei testi e dei precetti buddhisti. Ma oggi, nell’aprile 2019 dalla sua casa di campagna, racconta di essere rimasta sorpresa dalle similitudini tra il cristianesimo e il buddhismo. “La cosa che mi ha più interessata è la somiglianza delle regole. Per entrambe le religioni bisogna seguire delle regole molto precise per essere delle ‘buone’ persone”.

La ricerca di Dio è stato un lungo percorso per l’anziana donna. “In passato pregavo i miei antenati alla maniera buddhista, chiedendo che mi aiutassero a stare meglio. Ho seguito gli insegnamenti delle generazioni precedenti, ma non ero in grado di trovare il vero Dio. Ero sempre alla ricerca e mi chiedevo, chi è Lui?”

Ora Chaem è riuscita a conciliare i precetti del Buddha con gli insegnamenti evangelici, e crede che la venuta di Cristo sia stata in parte predetta dagli antichi buddhisti. È stata convertita da Christopher Lapel, un pastore della Golden West Christian Church, a cui si sono rivolti diversi ex ufficiali dei khmer rossi, tra cui lo stesso Kang Kek Iew, che al tempo andava sotto il nome di Comrade Duch.

Ad Anlong Veng ci sono molte altre ex appartenenti al regime che si sono convertite al cristianesimo e ora conducono una vita comunitaria. Tra di esse c’è Yem Sarom, 52 anni, la quale è convinta che “le cose più belle del cristianesimo sono l’amore e il perdono” e continua parlando dell’amica Chaem. “Chaem crede in Dio perché Egli le ha offerto la possibilità di diventare una persona nuova, Dio l’ha accettata affinchè possa cominciare una nuova vita compiendo buone azioni. Questo tipo di perdono non esiste nel buddhismo”.

Allo stesso modo Yum Khem, ex soldatessa del regime e ora vedova di 63 anni, è diventata cristiana più di 10 anni fa. “Ho visto che chi credeva in Dio trovava la felicità, l’amore, il sollievo e la pace”, ed è cercando le stesse cose che Khem si è convertita al cristianesimo.

Tuttavia conversione non è in questo caso sinonimo di purificazione della memoria o pentimento. E questo non può non lasciare perplessi. Infatti Khem non si sente in colpa per quanto accaduto durante gli anni del regime. “Ero un’adolescente e non ho mai avuto paura. Credo che era un certo senso di orgoglio quello che provavo ogniqualvolta vincevamo una battaglia. Alcuni dicono che i khmer rossi hanno ucciso più di 2 milioni di persone, ma io non ci credo. Penso che alcune persone vogliano solo farci sembrare cattivi”.

Khem, che ha perso la madre da giovane, ammette di non aver mai ricevuto affetto tra le mura domestiche e per questo ha cercato conforto nella famiglia dei khmer rouge “così non ero più sola, ma ora sono felice di avere Dio”. Visitando la comunità di Chaem non è difficile imbattersi in un gruppo di credenti che legge dei passi dl Nuovo Testamento.

Chaem, alla domanda di ucanews.com se teme l’infermo come punizione per i suoi peccati, esita un attimo prima di rispondere. “Secondo il buddhismo se fai cose buone, riceverai cose buone. Se compi azioni cattive, riceverai azioni cattive. Ma il cristianesimo è diverso. Gesù è morto in croce anche se non aveva fatto niente di male. Al contrario, si è fatto carico di tutti i peccati degli uomini”.