La doppia quarantena di Hong Kong

La doppia quarantena di Hong Kong

Padre Giorgio Pasini, missionario del Pime: «Dopo sei mesi di proteste e quasi due mesi di virus si è tutti un po’ demoralizzati. E anche con l’epidemia il governo si sta dimostrando confuso e incapace come con i dimostranti»

 

È in prima linea sul fronte del Coronavirus, come il resto della Cina. Ma ad Hong Kong è un’emergenza che arriva dopo mesi già difficili per le forti tensioni politiche tra la piazza e il governo, che hanno messo in luce le contraddizioni dell’attuale rapporto tra l’ex colonia britannica e Pechino. Come racconta padre Giorgio Pasini, superiore della comunità dei missionari del Pime, da una Hong Kong impaurita e chiusa nelle case, dove anche la diocesi ha deciso di interrompere per due settimane la celebrazione delle Messe per evitare il diffondersi del contagio che ieri ha fatto il secondo morto.

«Con l’emergenza Coronavirus – racconta padre Pasini – la situazione delle proteste si è calmata ma la brace resta ancora accesa sotto la cenere. I cosidetti “neri” – le frange più violente chiamate così perché sono militanti sempre vestiti e incappucciati di nero – appena possibile mettono in atto dimostrazioni o azioni violente. Il governo di Hong Kong non approfitta dell’emergenza per aprire un dialogo e trovare qualche soluzione. E proprio come si è dimostrato confuso e incapace di affrontare il problema dei dimostranti, così lo è anche oggi di fronte al problema dell’epidemia. Compie scelte senza ascoltare gli specialisti e i medici. Questi ultimi chiedevano di chiudere tutte le frontiere per bloccare il flusso di gente che dalla Cina scende a farsi curare ad Honk Kong. Hanno anche scioperato per forzare il governo a decidersi, ma non ce l’hanno fatta. I medici lamentano scarsità di personale e di materiale di protezione e questo crea tanta rabbia nella gente».

«Qualche giorno fa – racconta ancora padre Pasini – in un palazzo di Hong Kong ci sono stati due casi di Coronavirus su due piani sovrastanti: sembra che il virus si sia propagato attraverso i tubi di scarico. I residenti – come era successo per la SARS – sono stati trasferiti in campi di vacanza, lontano dall’abitato. C’è molta tensione e preoccupazione nella gente. Ci sono lunghissime file per comprare mascherine, carta igienica, riso, generi di prima necessità. La gente si chiude in casa, i ristoranti sono vuoti, sono state cancellate tutte le attività per evitare che più persone si radunino insieme e possano trasmettere il virus».

«È una Hong Kong che sta cambiando, in peggio – conclude il missionario -. Dopo sei mesi di proteste e quasi due mesi di virus si è tutti un po’ demoralizzati. Molte ditte e ristoranti chiudono. Adesso la ripresa delle scuole e delle attività è stata ulteriormente rinviata al 16 marzo. Speriamo davvero che per quella data la situazione possa cominciare a tornare alla normalità».

 

Foto: Flickr / 57Andrew