La fatica di accettare il fallimento

La fatica di accettare il fallimento

Quando una ragazza cristiana fugge di casa perché innamorata di un giovane musulmano conosciuto sui social, non resta che accompagnare il profondo dolore dei genitori con un grande senso di impotenza

Lontana dal mio Paese e dalla mia cultura, nono­stante i tredici anni di presenza qui in Bangladesh, alcune cose a volte mi pesano ancora tanto. La difficile condizione delle donne e dei bambini, in particolare, è il mio pensiero continuo, senza parlare di altre situazioni difficili da gestire. Insomma, è sempre un continuo ascoltare storie complicate che fanno ancora tanto male al cuore e che suscitano in me rabbia e senso di impotenza.

Rumalina è una ragazza di 16 anni cristiana, figlia di un uomo che lavora con noi da diversi anni. Lui è anziano e anche la moglie: forse l’hanno avuta in tarda età e questo può aver provocato qualche soffe­renza alla ragazza e qualche fragilità che la portano a ricercare affetto in modo importante.

Qualche mese fa, essendosi innamorata di un ragazzo musulmano attraverso una app di messaggistica, ha deciso di lasciare la famiglia e di convertirsi all’islam. È scappata due volte e solo grazie a due uomini che lavorano con noi è poi tornata a casa. Una domenica mattina, dopo la Messa, le ho parlato a lungo, anche se con tanta fatica. La facevo venire qui in ospedale per giocare con i bambini e dare loro ripetizioni: le ho trovato anche uno psicologo a cui fare riferimento. Insomma, sembrava che le cose andassero per il ver­so giusto quand’ecco che un lunedì pomeriggio di qualche settimana fa è scappata di nuovo. Tornata dalla Messa la sera, ho trovato i genitori e la sorella di Rumalina che mi aspettavano per darmi la notizia. La loro decisione sofferta è stata quella di lasciarla an­dare: riportarla a casa per la terza volta non le avreb­be impedito di scappare di nuovo.

Mi rendevo conto di dover aiutare i genitori e la sorella a sopportare quel dolore immenso, ma allo stesso tempo mi sentivo impotente e provavo un senso di fallimento. Come in altre circostanze, ho dovuto accettare che le cose non vanno come vor­remmo. Ancora una volta, in questo Paese, mi devo fermare e accettare le scelte delle persone, anche se sono sbagliate.

Non riesco a immaginare il dolore dei suoi genitori, vedo due persone anziane distrutte: per fortuna la sorella maggiore, che sta studiando per diventare infermiera grazie agli aiuti di alcuni benefattori, è proprio brava e può sostenerli, anche se cerco di seguirli un po’ pure io. Sono situazioni che si porta­no nel cuore con tanta fatica e davanti a Gesù non resta che chiedere la forza di poterle accettare.

A Pasqua abbiamo rinnovato il nostro desiderio di vita nuova. Ci dovrà pur essere un senso. Sappiamo che dalla croce nasce la vita nuova: è ciò che conti­nuo a chiedere al Signore.