Il testo integrale della “lettera di mitigazione” inviata al giudice della corte distrettuale di Hong Kong da Lee Cheuk-yan, attivista in carcere per aver organizzato anche lo scorso anno la veglia che ricorda le vittime di Piazza Tiananmen: “Ora che sono imprigionato come lo era Gandhi imparerò anche, come lui, a non avere paura”
Mercoledì 17 novembre Lee Cheuk-yan, in carcere a Hong Kong, ha scritto una “lettera di mitigazione” al giudice della corte distrettuale Amanda Woodcock. Tra le altre cose, Lee è accusato di aver organizzato, lo scorso anno, la commemorazione della veglia annuale del Quattro giugno al Victoria Park, per ricordare le vittime di Piazza Tiananmen. Il raduno era stato proibito dalle autorità.
Riporto per intero, tradotto in italiano da me, lo scritto di Lee Cheuk-yan. È la sintesi della sua vita, ispirata dalla fede cristiana e dedicata alla libertà, alla democrazia e alla giustizia sociale. Vengono citati Milan Kundera e il Mahatma Gandhi. Io ci leggo, in sottotraccia, anche il pensiero di Lorenzo Milani, Primo Mazzolari, Martin Luther King e dei grandi leader non-violenti. È un testamento politico, umano e spirituale di grande nobiltà. Merita di essere letto per intero.
Lee Cheuk-yan, sindacalista e parlamentare tra i più conosciuti e popolari di Hong Kong, è amico affezionatissimo di molti missionari del Pime. Io lo conosco da trent’anni, e con lui la moglie Elizabeth e la sua famiglia, a cui va la mia affettuosa solidarietà.
Due anni fa, il 29 novembre 2019, ero con Lee Cheuk-yan nel teatro del Pime di Milano, di fronte a un attentissimo pubblico di 700 persone, a parlare delle proteste per la democrazia a Hong Kong. Lui ora è in carcere. Mi sembra una cosa incredibile. E sono passati solo due anni. O meglio, sono passati due secoli, e all’indietro. È passata una vita intera. Siamo entrati in un altro mondo e in un’altra epoca. Un mondo e un’epoca che non amano la libertà, la giustizia e la democrazia. Siamo nel tempo in cui i testimoni miti e pacifici della libertà non sono apprezzati. Sono considerati dei perdenti, e dunque con loro non si perde tempo. Non si scrive di loro. Si preferisce celebrare, con scellerata fascinazione, le gesta dei dittatori che li condannano al carcere.
Ed ora la lettera dal carcere di Lee Cheuk-yan
Vostro Onore, apprezzo l’opportunità di presentare una petizione per il mio caso.
Per cominciare, voglio ringraziare la gente di Hong Kong che ha mantenuto la promessa del 1989, 31 anni fa. Hanno perseverato nonostante la repressione, onorando così la memoria del massacro del 4 giugno al Victoria Park, con la fiamma delle loro candele. Vostro Onore, il popolo di Hong Kong che ha partecipato alla commemorazione, non ha avuto bisogno dell’incitazione di persone o organizzazioni. Se un provocatore c’è stato, è il regime che ha sparato contro il suo stesso popolo.
Per 31 anni, la nostra memoria resistentissima e la nostra coscienza determinata, ci hanno spinto a mantenere la promessa di onorare la loro memoria; a chiedere la verità e l’assunzione di responsabilità [sul massacro]; di portare avanti l’impegno per la libertà e la democrazia per il popolo cinese.
Onorare la memoria del massacro del 4 giugno è un sentimento che mi appartiene da lungo tempo. Come scrisse Milan Kundera in Il libro del riso e dell’oblio: “la lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio”.
Il Partito comunista cinese censura con la forza qualsiasi menzione del “Quattro giugno” nei media e nello spazio pubblico. Il popolo cinese ha risposto promuovendo il “Museo del Quattro giugno” da Hong Kong al continente, rinominandolo “Museo del 35 maggio”, per difendere la memoria del massacro. Questa è la lotta della memoria contro l’oblio, simboleggiata dalle candele accese di Victoria Park.
La generazione di Hong Kong che ha assistito al movimento del 1989 ha amato intensamente la sua nazione e la sua gente, e ha sperato nella realizzazione della democrazia in Cina. Le nostre emozioni si sono intrecciate con gli studenti e i cittadini che hanno combattuto per la democrazia in Piazza Tienanmen. Ci siamo radunati, abbiamo marciato, abbiamo realizzato sit-in, abbiamo fatto donazioni nella speranza di vedere la democrazia trionfare.
Ma al suono del primo sparo, abbiamo pianto e siamo stati presi dalla disperazione. Hong Kong non sarebbe più stata la stessa. Il popolo di Hong Kong passò dall’apatia politica all’attivismo per il suo futuro democratico, desiderando che il sogno di libertà e democrazia potesse un giorno essere realizzato anche dai nostri compatrioti nel continente.
L’Alleanza di Hong Kong a sostegno dei movimenti democratici e patriottici in Cina è nata con l’obiettivo di unire il popolo di Hong Kong nelle sue diverse appartenenze politiche a sostegno del movimento per la democrazia del 1989.
Allora ero un sindacalista, e ho organizzato molte marce pacifiche di milioni di cittadini a Hong Kong. L’Alleanza di Hong Kong è stata incaricata dalla gente di organizzare una delegazione per portare donazioni a sostegno dei manifestanti in piazza Tiananmen. Il 30 maggio 1989 da Hong Kong siamo andati in Piazza Tiananmen in quattro. Abbiamo incontrato i gruppi autonomi di studenti, operai e intellettuali.
La notte del 4 giugno ho sentito numerosi spari e segnalazioni che i carri armati stavano entrando, schiacciando sanguinosamente i manifestanti in Chang’an Avenue. Le luci della piazza si sono spente improvvisamente. Siamo scoppiati in lacrime, non sapendo quanti fossero sopravvissuti. All’alba, abbiamo assistito alla rimozione, una dopo l’altra, delle vittime. Non avevamo idea di quanti fossero stati feriti e uccisi. È stata una notte di uno strazio immenso, ed io non la potrò dimenticare mai più.
Il 5 giugno 1989 mi sono imbarcato sul volo che trasportava a casa gli studenti e i giornalisti di Hong Kong. Ma prima di decollare, la polizia mi ha portato via e mi ha interrogato per tre giorni. Fortunatamente la gente di Hong Kong ha reclamato per la mia libertà e sono stato rilasciato l’8 giugno.
Ho ringraziato Dio nelle mie preghiere, e ho deciso di dedicarmi ad essere Suo strumento di giustizia e dedicare la mia intera vita alla lotta per la democrazia a Hong Kong e in Cina. Questo è il mio impegno nei confronti del popolo di Hong Kong che mi ha salvato e nei confronti del popolo di Pechino che ci ha implorato di dire al mondo la verità su ciò che è accaduto in Piazza Tiananmen.
Da allora mi sono sempre impegnato nella missione dell’Alleanza di Hong Kong e ogni anno ho partecipato alla veglia del 4 giugno. In carcere ho continuato a onorare la loro memoria digiunando per un giorno e accendendo un fiammifero.
Vostro Onore, in questa epoca cruciale la nostra volontà collettiva darà forma allo sviluppo e aprirà la strada per Hong Kong e per la Cina. Il ricordo del 1989 non ha scosso solo la nostra generazione: molti giovani ispirati dalla partecipazione alla veglia annuale si sono dedicati all’impegno sociale.
Influenzati da idee localiste, alcuni hanno messo in discussione i principi dell’Alleanza di Hong Kong, ma tutti noi riconosciamo la necessità di rivelare la verità e chiedere l’assunzione di responsabilità rispetto al massacro del 4 giugno. La partecipazione dei giovani spiega l’aumento delle presenze alla veglia nell’ultimo decennio, fino a superare le centomila presenze.
La polizia ha arrestato e perseguito arbitrariamente i manifestanti con l’accusa di “incitamento”. Ma questa è, in fondo, una minaccia alla libertà di espressione e di riunione delle persone, garantita dalla Legge Base di Hong Kong e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Lo Stato sostiene che nessuna libertà è assoluta, e che deve essere bilanciata con la libertà degli altri e la sicurezza pubblica. Ma, in realtà, la libertà di espressione e di riunione del popolo di Hong Kong è svuotata da un regime che, quanto si tratta di sopprimere il nostro diritto di aggregazione, ha un potere senza limiti. Qui non si tratta affatto di equilibrio (tra libertà e sicurezza pubblica).
Recentemente, il Segretario per la Sicurezza ha sostenuto che le pubblicazioni inviate ai detenuti incitano a sentimenti antisociali. Con questa vaga e arbitraria accusa, il potere di censura diviene assoluto e toglie di mezzo il diritto all’informazione dei detenuti.
Il nuovo Commissario alle dogane e alle accise ha affermato che ci si deve proteggere dalla “resistenza morbida” di libri, riviste e oggetti di necessità quotidiana che diffondono messaggi che minacciano la sicurezza nazionale. Ancora una volta viene lanciata un’accusa vaga e arbitraria, allo scopo di sopprimere la legittima libertà delle persone di accedere alle informazioni.
Chi eserciterà la verifica nei confronti degli abusi del potere? Vostro Onore, lo Stato estende i suoi poteri senza alcun limite. L’ultimo custode dei diritti è la Corte. L’ultima speranza del popolo è che la Corte riporti la bilancia della giustizia dal favorire unilateralmente il regime ad una posizione di equilibrio.
Vostro Onore, non mi sarei mai aspettato che la polizia si sarebbe pronunciata a nostro favore. Il 2 ottobre, Giornata Internazionale della Nonviolenza, la Polizia ha infatti twittato in lode alla lotta nonviolenta del Mahatma Gandhi, riportando questa sua citazione: “La forza più grande di cui possa disporre l’umanità è la non-violenza. Essa è più potente della più potente arma di distruzione mai elaborata dall’intelligenza umana”.
La polizia deve aver, tuttavia, dimenticato che Gandhi è stato un pioniere della disobbedienza civile, ottenendo giustizia violando la legge. Se la polizia sostiene la lotta non violenta condotta da Gandhi, perché non dovrebbe rispettare il diritto del popolo di Hong Kong di onorare la memoria del massacro del Quattro giugno attraverso un’assemblea pacifica e non violenta?
Per più di 30 la luce delle candele della veglia del Quattro giugno ha simboleggiato la pratica della resistenza pacifica e non violenta. Perché la polizia dovrebbe vietare l’assemblea e perseguire i suoi partecipanti? Siamo tutti seguaci della non-violenza di Gandhi, sperando di portare riforme democratiche a Hong Kong.
Ora che sono imprigionato come lo era Gandhi imparerò anche, come lui, a non avere paura.
Sono orgoglioso di essere un cittadino di Hong Kong. Per 32 anni abbiamo marciato insieme nella lotta per portare giustizia a coloro che hanno rischiato la vita il 4 giugno 1989 e nella lotta per la democrazia.
Nonostante le battute d’arresto, rimaniamo forti nella nostra convinzione che i valori universali di libertà, stato di diritto, diritti umani e democrazia per i quali abbiamo lottato, un giorno metteranno radici a Hong Kong e in Cina. E quel giorno potremo consolare le anime di coloro che si sono sacrificati prima di noi.
Per quanto riguarda me non ho rimpianti. Anzi, sono pieno di gratitudine. Ringrazio il Signore per l’opportunità di essermi dedicato al movimento operaio fin da quando, laureandomi all’Università di Hong Kong, ho costituito la Confederazione dei sindacati di Hong Kong. La Confederazione dei sindacati oggi ha trent’anni di vita. Credo che solo quando i lavoratori si uniscono e organizzano sindacati indipendenti, essi possono correggere le ingiustizie sociali e trasformare il loro destino.
Ringrazio inoltre i cittadini di Hong Kong per avermi affidato, per ben 20 anni, l’incarico di essere loro rappresentante nel Parlamento, sostenendo i diritti dei lavoratori, migliorando le condizioni sociali dei più poveri, parlando a favore delle persone vulnerabili e combattendo per la democrazia. Da 32 anni sono membro del Comitato permanente dell’Alleanza di Hong Kong, che lotta per una Cina democratica. Se per affermare questa mia volontà devo essere condannato al carcere, allora così sia.
Grazie, Vostro Onore.
Lee Cheuk-yan