Il racconto di padre Adriano Pelosin, missionario del Pime, che si sente lui stesso per primo un uomo perdonato. E per questo ha aperto tra i poveri dell’estrema periferia di Bangkok la Casa della Misericordia
«La misericordia la può accogliere solo chi si sente peccatore. Gli altri non sanno nemmeno che cos’è. Ma ciò che da missionario ho scoperto è che i poveri sono quelli che hanno meno paura della misericordia. Tra gli ultimi, tra quelli che sono più immersi nelle situazioni di debolezza, c’è più disponibilità ad accogliersi così come si è, senza maschere, senza condanne da pronunciare. Con loro – qui nelle baraccopoli dell’estrema periferia di Bangkok – ho cercato di vivere la mia vita di missionario facendo proprio della misericordia la guida del mio cammino. Non tanto a parole, ma con i gesti, accogliendo tutti questi fratelli con comprensione e affetto».
Nel giorno in cui in tutto il mondo per volontà di papa Francesco si aprono le Porte Sante del Giubileo della misericordia, rilanciamo la testimonianza di padre Adriano Pelosin, missionario del Pime, che in Thailandia ha aperto la Casa della misericordia tra i poveri di Wat Sake, un quartiere dell’estrema periferia di Bangkok.
La sua Porta Santa padre Adriano la immagina così:
«Penso alla porta della nostra chiesa a Pathumthani: la vorrei sempre più aperta per essere davvero santa. Ho dovuto battagliare non poco perché non costruissero intorno un’altra recinzione per proteggerci. C’è qualcuno che ogni tanto viene a prendere dal cortile un po’ di frutta, un po’ di verdura o qualche pesce dal laghetto. E alcuni nostri cattolici anche qui mi fanno la guerra perché non reagisco a dovere: “Tu non hai il senso dell’ordine…”. La porta santa è la porta di una casa aperta a tutti, persino ai ladri. Per una chiesa nella quale nessuno abbia reticenza a entrare e qui incontrare il Vangelo della misericordia».
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