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La sfida di liberare il Natale dal consumo

Anche in Thailandia lo “spirito della festa” dilaga nei centri commerciali, slegato dal suo significato più profondo e cristiano: sta a noi annunciarlo
Alla fine dell’anno, in Thailandia si sussegue una serie di ricorrenze ciascuna caratterizzata da un proprio sistema simbolico: dopo Halloween arriva la preparazione al Natale, a cui poi segue la liturgia laica del capodanno, per chiudere con il capodanno cinese. In questa scansione “ecumenica” del tempo si ha l’impressione che, nonostante si mescolino appartenenze religiose e riferimenti culturali, alla fine ciascuna ricorrenza usufruisca dell’unico spazio “sacro” davvero misto del tempo moderno: i centri commerciali. A questa regola non si sottrae il Natale, che già nell’Occidente cristiano sembra sempre più svuotato del suo significato religioso e a maggior ragione diventa qui un puro evento consumistico in una società in cui lo stesso protagonista della festività è un “noto sconosciuto”: Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Sia nei supermercati locali, sia nei grandi mall è tutto un fiorire di oggettistica natalizia in cui sul podio dei prodotti più venduti si situano l’abete, i berretti di Babbo Natale e i cerchietti per capelli adornati con soffici corna di renna; il tutto allietato da canti natalizi. Dalle commesse alle cameriere, chiunque sia a contatto con la clientela indossa qualche ornamento che richiama la festa, generando uno “spirito natalizio” alquanto artefatto. Lo stesso a Chiang Rai l’unico centro commerciale esibisce sontuose luminarie a forma di fiocco di neve, con al centro un altissimo abete illuminato sotto cui c’è sempre una lunga fila di gente in attesa del proprio turno per scattarsi foto ricordo. Di fronte a questo Natale decontestualizzato dall’evento che celebra, bisogna tuttavia saperne cogliere anche l’aspetto positivo. Anche san Paolo nel discorso all’areopago di Atene presenta Gesù come quel “Dio ignoto” a cui i greci avevano dedicato una statua: così diventa responsabilità per i cristiani riempire il “contenitore commerciale natalizio” del suo significato vero e profondo. Questo compito, a volte ben svolto da comunità e singoli fedeli, in altri casi è disatteso: è disarmante vedere come molte scuole cattoliche gestite da sacerdoti e suore in tutto il Paese non chiudano in occasione del Natale, così che il personale religioso si reca al lavoro nel proprio ufficio come in qualsiasi giorno dell’anno… In quest’epoca in cui si cerca di annacquare la potenza disarmante di un Dio che assume le sembianze di un bambino indifeso, derubricando questo evento a una mera festa generica, è importante che nei Paesi di missione ci si ricordi – per chi già lo sa – e si spieghi a chi ancora non lo sa il significato vero di questo evento. Altrimenti, il Natale diventa una pura operazione commerciale, omologata perdipiù all’immaginario globale tutto neve e renne che prescinde da culture e latitudini.  

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