Le proteste di qualche giorno fa a Bangkok segnalano come la crisi economica alimentata dal Coronavirus stia portando a galla l’insofferenza sempre più diffusa nei confronti delle autorità eredi del golpe incruento del maggio 2014
La protesta di centinaia di persone contro il regime thailandese nella significativa cornice del Monumento alla Democrazia nel cuore della capitale Bangkok – sabato 18 luglio – potrebbe avere avviato una svolta nel rapporto tra i movimenti democratici e le autorità eredi del golpe incruento del maggio 2014. Una galassia eterogenea ma piuttosto ampia e soprattutto in condizioni di semi-clandestinità e che molto si avvale dei social media per diffondere idee, slogan e informazioni in un continuo gioco a rimpiattino con la censura, severa verso Internet come nei confronti del media tradizionali. Una realtà di dissenso perlopiù apolitico che a volte trova elementi di aggregazione in personalità o movimenti.
È quanto accaduto sabato per iniziativa della Libera unione dei giovani e degli studenti della Thailandia utilizzando come cassa di risonanza la situazione della pandemia (ampiamente favorevole, secondo la narrazione ufficiale) e le ricadute economiche e sociali che prefigurano per il “Paese del sorriso” una prospettiva gravissima. Tensioni e rabbia vanno emergendo tra una popolazione abituata al conformismo e all’obbedienza, intimidita dalla repressione e dalla ventina di colpi di stato con cui i militari hanno “normalizzato” ogni tentativo di far crescere una stentata democrazia fino da quando incentivarono nel 1932 il passaggio dalla monarchia assoluta a una forma di governo costituzionale.
Tre le richieste della Libera unione: sciogliere il parlamento, riscrivere la costituzione e fermare le intimidazioni verso la popolazione. Intimidazioni che si avvalgono di un uso selettivo e severo delle leggi che tutelano la monarchia, la cui vita è avvolta nel segreto al punto che anche segnalare nel Paese che si tratta della più ricca al mondo (come confermato annualmente dalle statistiche internazionali) oggi è un reato. Come pure diffondere informazioni sulla vita del sovrano (quasi sempre all’estero, dove conduce una vita agiata e chiacchierata) e dei suoi congiunti e stretti associati.
Significativo a questo proposito che il 21 luglio – alludendo a un piccolo raduno di giovani avvenuto il giorno precedente davanti al quartier generale delle forze armate, in un’area che include vari ministeri e vicina alla Sala del Trono e al Palazzo reale – il premier Prayut abbia ancora una volta avvisato che la comprensione dei problemi e delle preoccupazioni dei giovani non può portare alla tolleranza di azioni contrarie alla monarchia e che ogni lagnanza deve essere indirizzata agli appositi uffici parlamentari.
Ancora una volta i militari – al potere in un sistema formalmente affidato ai civili ma di fatto da essi infiltrato e controllato – cercano di rivendicare lo stretto legame tra forze armate e monarchia che per molti osservatori è solo un’unione di interessi con effetti pesantissimi sulla società del Paese. Un meccanismo che, incentivando il nazionalismo, impedisce il concretizzarsi di una democrazia compiuta, affidando il controllo dell’economia e della finanza a una ristretta oligarchia e rendendo attraverso il sistema scolastico e rapporti di tipo feudale la società incapace di evolvere. Incapace quindi di tenere il passo con i rivali commerciali ed economici in ambito regionale e con le necessità degli investitori, che in modo massiccio si spostano ormai altrove. Una situazione assai difficile in prospettiva per un paese che per decenni ha affidato all’export e al turismo la crescita economica e la propria immagine.
Non vi sono linee ideologiche nelle iniziative in corso, guidate ancora una volta dagli studenti ma che associano aree diverse della società e grandi centri urbani oltre la capitale. Tuttavia – proprio ai neo-diplomati e i neo-laureati che da settembre si affacceranno sul mercato del lavoro trovandovi il vuoto – toccherà aggiungersi a una realtà crescente di povertà e disagio che sempre più coinvolge classe media e gruppi meno favoriti.