AL DI LA’ DEL MEKONG
«La vita davanti a sé»

«La vita davanti a sé»

«È la comunione che fa comprendere la creazione». Non mi spiego altrimenti il desiderio di tre giovani laureati, Sray Pau, laureata in biologia, Phanni e Thong, laureati in matematica, che hanno accettato l’invito a venire in campagna, a Pka Doung, per insegnare nella nostra scuola

 

Un’amica mi ha regalato il romanzo di Romain Gary, La vita davanti a sé. Racconta di Momò, figlio di una prostituta, «unico arabo al mondo che parli yiddish» (1) e che, come tanti altri bambini, viene affidato alle cure di Madame Rosa, la balia che fà loro da madre, da padre, da mondo. Sono tutti figli nati per caso, concepiti per la disperazione delle loro madri o per l’eccessiva esuberanza dei corpi dei loro padri sconosciuti. Una volta nati, vengono lasciati a casa di Madame Rosa, donna di origini ebraiche, anche lei ex-prostituta e bisognosa di campare. «Sono le solite storie di bambini che non avevano potuto farsi abortire in tempo e che non erano necessari» – spiega Momò. Parcheggiati e a volte abbandonati dalle loro mamme costrette dal “mestiere” a cercarsi altri clienti, questi figli non smettono di chiedersi dove siano andate a finire. «Volevo sapere – si chiede Momò – dov’era e perché non veniva a trovarmi».

Se all’inizio Madame Rosa «si occupava di me soltanto per riscuotere un vaglia alla fine del mese – racconta Momò – nel corso della storia l’amicizia fra i due si intensifica fino a toccare il cielo. Il libro è straordinario per questo modo di smentire le consuetudini borghesi e sorprenderci con la grazia. Forse la natura gli aveva dato poco, eppure «io delle leggi della natura me ne fotto» – incalza Momò alla fine del romanzo. A dire che ha combattuto tutta la vita per rifarsi una vita e una storia, ben oltre ciò che il destino gli aveva riservato. Senza acredine o sete di vendetta, ma con una gran voglia di vivere e mai di piangersi addosso.

Se da una parte abbiamo bisogno di stare dentro una storia, di sapere da dove veniamo e dove andiamo, dall’altra questa storia deve darci di più, l’impensato, il gratuito, la comunione tra di noi. Deve portarci oltre le consuetudini del più e del meno, dei mercati e delle Borse, dell’utile e del conveniente. Oltre le dittature politiche e scientifiche che calcolano e riducono la ricca complessità dei nostri cuori alla sola logica dei numeri e dei bilanci. «È la comunione che fa comprendere la creazione (…). Se il principium rationis non ha nelle vostre vite come contrappeso la communio, l’uomo finisce con il trovarsi ridotto alle sue ghiandole e al corso della Borsa» (2). Mentre tutto il libro di Momò e Madame Rosa è lo stupendo racconto di una storia che si reinventa, dove non contano solo i legami di sangue, ma la voglia di vivere e il desiderio di appartenersi gli uni gli altri. Perché è la comunione che dà senso alla creazione.

Non mi spiego altrimenti il desiderio di tre giovani laureati, Sray Pau, laureata in biologia, Phanni e Thong, laureati in matematica, che hanno accettato l’invito a venire in campagna, a Pka Doung, per insegnare nella nostra scuola, la seconda, costruita lo scorso anno con il progetto K595 di Fondazione Pime Onlus. Inutile dire che la disponibilità di questi tre nuovi insegnanti ci incoraggia a sognare una terza scuola a Tmor Pech. La cosa bella è che sono tutti e tre ex-allievi della nostra prima scuola a Prey Veng come gli altri tre insegnanti che hanno reso possibile la nascita della seconda scuola. Ebbene, ora questi nuovi amici sono pronti a restituire qualcosa di quello che hanno ricevuto e imparato. Con i tempi che corrono, i due insegnanti di matematica potrebbero arrangiarsi e dare lezioni private a Phnom Penh o insegnare in qualche altra scuola della città. Sray Pau infatti avrebbe un’opportunità con la Beltei International School, ma vuole rinunciarvi per venire da noi. Date un’occhio per capire cosa lascia venendo in campagna tra risaie e acquitrini.

Mi chiedo cosa li spinge se il salario che ho loro promesso si attiene ai modesti standard ecclesiali. Cosa li fa tornare dalla città alla campagna? Non ho altra risposta che “la storia”. La storia vissuta durante gli anni della scuola superiore a Prey Veng, fatta di legami che il tempo non ha affievolito. Certo, potrebbero arrangiarsi da soli, ma non è questo il punto. Vogliono far parte di una storia, di un’esperienza di comunione che dia senso al loro stare al mondo anche se, per il solo salario, potrebbero arrangiarsi. Non vogliono svendersi a chi offre di più. Non cercano un guadagno solitario o una performance individuale, ma un luogo dove conoscersi, appartenersi e lavorare insieme. Perché abbiamo tutti bisogno di stare dentro una storia dove potersi reinventare un destino a partire dalla comunione tra di noi e se anche i conti non tornano mai, provare ad andare oltre le consuetudini banali, i calcoli, le ghiandole e le Borse.

Come per Momò e Madame Rose, ci rimane in questi giorni una tenacia a non retrocedere, a sperare non il tanto o il molto, ma il meglio per quel che resta della vita davanti a noi. «Il respiro che aveva non bastava a sollevare il petto» – racconta Momò di Madame Rose prossima alla fine. «Adesso fammi dire la preghiera, Momò. Potrebbe essere l’ultima volta che ce la faccio». «Shemà Yisrael Adonay…». Buon Natale!

 

  1. R. Gary, La vita davanti a sé, Neri Pozza, 2008, 198
  2. C. Singer, Dove corri? Non sai che il cielo è in te?, Servitium, 2010, 27.