Nel Sud delle Filippine dal 2013 i gruppi fondamentalisti islamici locali – da un quarantennio presenti nel Paese – stanno stringendo allanze con i combattenti dell’Isis. L’obbiettivo sarebbe estendere il governo del califatto di Siria e Iraq all’arcipelago indonesiano, che con i suoi 250 milioni di musulmani è un’importante bacino di reclutamento e uno snodo commerciale strategico per i miliziani di Al Baghdadi.
L’antica militanza islamista nella parte meridionale delle Filippine è corresponsabile, insieme agli interventi militari, della morte di circa 120mila persone in un quarantennio. Oggi però l’azione islamica sembra andare verso una svolta che potrebbe vanificare il percorso di pace avviato da tempo tra il governo di Manila e Fronte islamico di liberazione Moro, oggi maggiore movimento armato ancora attivo di cui è prevista l’integrazione nella milizia della futura autonomia musulmana.
Gruppi minori particolarmente noti per spregiudicatezza e capacità bellica avrebbero stretto un’alleanza per contrastare proprio il processo di pace, ma anche segnalato la loro intenzione di associarsi all’auto-proclamato califfato in Siria e Iraq (Isis) per rendere più efficace l’azione anti-governativa e di promozione dell’islamismo radicale nell’arcipelago.
Dalle aree di conflitto mediorientale è infatti arrivata l’accettazione del movimento guidato da Al Baghdadi a proposito della volontà di alleanza da parte dei gruppi filippini, in particolare del movimento Abu Sayyaf e del suo leader Isnilon Hapilon. In un video diffuso attraverso Al Furat, uno dei suoi media online, l’Isis ha anche confermato recentemente l’adesione delle indonesiane Jemaah Ansharut Tauhid e Mujahidin Indonesia Timor al disegno del califfato. Un’alleanza per ora potenziale – come ricorda il media statunitense Long War Journal – dato che l’Isis non ha ancora dichiarato ufficialmente l’estensione del califfato all’Asia sudorientale.
Un’area vasta e di difficile controllo ma strategica. La zona è infatti importante per le mire politiche del gruppo islamico radicale non solo per la prossimità a rotte commerciali determinanti, ma anche perché include il maggiore paese musulmano al mondo, l’Indonesia, e i pure musulmani Malaysia e Brunei, oltre che le propaggini islamiche di Filippine e Thailandia per un totale complessivo di 250 milioni di seguaci di Maometto.
Oltre a Abu Sayyaf, parte dell’alleanza sarebbero il Bangsamoro Islamic Freedom Fighters, significativamente attivo negli ultimi tempi, Ansar al Khilafah, che nei mesi scorsi ha minacciato di fare delle Filippine «la tomba di soldati americani» e Katibat Marakah al Ansar. Quest’ultimo, in particolare, è un movimento legato tradizionalmente all’indonesiana Jemaah Islamiyah, a sua volta ispirata da Al Qaeda. Tuttavia, come diversi altri movimenti islamisti armati, anch’esso avrebbe oggi accolto la proposta di uno stato islamico estesa dall’Africa settentrionale alla Siberia anziché l’appartenenza al network jihadista.
Lo stesso leader spirituale di Jemaah Islamiyah e il suo co-fondatore, Abu Bakar Bashir, avrebbe scelto l’associazione di Al Baghdadi, provocando una scissione di metà del movimento, con i figli a guidare i dissidenti rimasti fedeli all’esperienza qaedista.
«Il periodo che va dalla fine del 2013 all’inizio del 2014 è stato quello in cui diversi movimenti attivi nel Penisola di Zamboanga a Mindanao hanno iniziato a prepararsi per eventuali accordi di alleanza con l’Isis» ricorda Rodolfo Mendoza, un esperto dell’Istituto filippino per le ricerche sulla pace, la violenza e il terrorismo.
Dallo scorso anno, racconta sempre Mendoza, si sono iniziate a registrare iniziative nel nome dell’Isis. Tra queste il reclutamento in moschee e scuole sull’isola di Basilan, favorito da somme di denaro (30-50mila pesos, da 630 a 10.50 dollari Usa), oltre che dalla consegna di armi e divise. A tutti gli effetti, segnalano gli esperti, l’Isis si sta consolidando nelle stesse reti estremiste che nel passato erano esclusiva della Jemaah Islamiyah. Attualmente, però, il movimento non avrebbe intenzione di utilizzare il Sud delle Filippine esclusivamente come teatro di operazioni armate, ma più di tenerlo più che altro come terreno di esercitazione in vista di iniziative militari in Indonesia.