Sono solo 400 mila i cattolici su 65 milioni di abitanti: la piccolissima Chiesa della Thailandia aspetta con gioia questa settimana la visita di Papa Francesco. Il dialogo col buddhismo caratterizza anche la presenza del Pime
È stato per quindici anni nel Nord della Thailandia, prima nella missione di Mae Suay e poi a Fang. Ora, dopo una parentesi in Italia, padre Claudio Corti è appena rientrato nel Paese asiatico. Questa volta nella megalopoli Bangkok, dove il Pime è responsabile della parrocchia di Nostra Signora della Misericordia. E dove, come tutti i cattolici del Paese (e non solo), aspetta con ansia e con gioia Papa Francesco dal 20 al 23 novembre.
«Appena aperte le iscrizioni per la partecipazione alla Messa – ripensa con un sorriso padre Claudio – si sono iscritte 250 persone. Ma il limite per parrocchia è di 50. Forse la Chiesa thailandese è stata un po’ troppo prudente nell’affittare uno stadio piccolo…».
In effetti, la risposta è stata al di sopra di ogni aspettativa per una Chiesa che è molto piccola: meno di 400 mila cattolici su 65 milioni di abitanti (0,5% per cento della popolazione). Con i protestanti, si arriva a circa l’1 per cento di cristiani, mentre i musulmani – concentrati prevalentemente al Sud, al confine con la Malaysia – sono il 5,3%. Il resto è un vasto mare di buddhismo.
La visita di Francesco, contrassegnata dal motto “Discepoli di Cristo, discepoli missionari”, era attesa da molto tempo. È il secondo Pontefice a visitare il Paese dopo Giovanni Paolo II nel 1984.
L’occasione di questo viaggio è data dal 350° anniversario del Vicariato apostolico del Siam (1669-2019), che ha segnato l’inizio ufficiale della presenza della Chiesa cattolica. «Questo momento storico – aveva sottolineato il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, in visita nel Paese lo scorso maggio – porta alla nostra attenzione la necessità di un nuovo slancio missionario. Gli sforzi pionieristici dei missionari che hanno portato la Buona Novella della salvezza al popolo thailandese devono continuare. Questo lavoro deve essere visto come centrale per la missione della Chiesa in Thailandia».
«Quella della Thailandia – conferma padre Claudio – è una Chiesa bella e vivace, ma occorre essere stimolata nella missionarietà. Molti si limitano alla pastorale quotidiana, manca un po’ la dimensione dell’annuncio, anche se viene fatto indirettamente soprattutto attraverso le scuole».
Attualmente i preti thailandesi sono circa 700 e ci sono ancora molte vocazioni anche se stanno un po’ rallentando; le suore sono più del doppio. È diminuita, invece, sensibilmente la presenza dei missionari, che sono oggi meno di un centinaio, anche perché la Chiesa locale è ormai ben strutturata e dinamica. «La nostra presenza continua a essere apprezzata da molti – sostiene padre Claudio – soprattutto da coloro che vedono la necessità all’interno della Chiesa thailandese di stimolare all’annuncio».
Non mancano, però – deve ammettere il missionario – anche coloro che «vedono nel missionario una presenza straniera. È una corrente che si respira a volte all’interno della Chiesa, ma specialmente in tutta la società Thailandese che è impregnata di un forte nazionalismo. Questo però ci aiuta, in un certo senso, a essere prudenti nella nostra presenza, a restare nelle retrovie o a sperimentare nuove strade».
Una di queste, indicata dal cardinale di Bangkok, Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, è stato creare tre parrocchie missionarie “sperimentali”, una affidata al Pime (con padre Adriano Pelosin), una ai Saveriani e una alle Missione estere di Parigi (Mep): presenze nuove in zone dove non ci sono cristiani.
«Il dialogo interreligioso con il mondo buddhista – precisa padre Claudio – è una costante del nostro essere qui. E non potrebbe essere altrimenti, visto che siamo assolutamente minoritari. L’altra è l’educazione». E, infatti, la Chiesa gode di stima e prestigio ben al di sopra dei propri “numeri”, specialmente grazie alle istituzioni scolastiche che – soprattutto nelle città – sono frequentate da circa 500-600 mila studenti, quasi tutti buddhisti.
«All’origine si rivolgevano anzitutto ai più svantaggiati – dice il missionario -. Oggi sono piuttosto costose, anche se resta la disponibilità ad accogliere i più poveri».
Questo è vero in particolare nelle missioni del Nord, dove il Pime ha sempre lavorato prevalentemente con le popolazioni tribali, le più povere e marginalizzate. Lo scorso 29 settembre, una delle missioni storiche dell’Istituto, quella di Fang, fondata nel 1972 da padre Giovanni Zimbaldi, è stata affidata alla diocesi di Chiang Mai. Tutti i missionari del Pime si sono spostati nella nuova diocesi di Chiang Rai, creata lo scorso anno e che vive ancora una situazione di carenza di preti locali. Poi, appunto, c’è la presenza in città. La parrocchia di Nostra Signora della Misericordia si trova a 40 chilometri dal centro di Bangkok e copre un’area molto vasta, dove i cattolici sono circa 800 su una popolazione di 200 mila persone. «Abbiamo molte attività – spiega padre Claudio -. In particolare, all’interno del territorio della parrocchia, ci sono tre scuole cattoliche, due delle quali gestite da congregazioni di suore thailandesi, con circa 4-5.000 alunni l’una; la terza, in lingua inglese, è per i bambini anglofoni in maggioranza filippini».
Un altro grande impegno riguarda gli orfani che vengono da una decina di baraccopoli presenti sul territorio della parrocchia. Tramite la Fondazione San Martino, creata da padre Adriano Pelosin, ne vengono ospitati un centinaio dalla prima alla terza media, in alcune case vicino alla chiesa. Continua anche l’impegno della Casa degli Angeli, per bambini con disabilità e le loro mamme, dove ha lavorato a lungo suor Angela Bertelli, missionaria saveriana, e che attualmente è gestita dall’Associazione Giovanni XXIII.
«Tutto ciò – conclude padre Claudio – non sarebbe possibile senza il grande coinvolgimento dei laici che si impegnano in tutte le attività: catechesi per bambini e adulti, visita ad ammalati e carcerati, dialogo interreligioso…».
Intanto, la stessa comunità del Pime, che oggi conta 14 membri, è un bell’esempio di incontro nella differenza: con l’arrivo di padre Raul Bonte Cò, neo-sacerdote della Guinea Bissau, si aggiunge alla presenza italiana e indiana anche un po’ d’Africa. Per essere sempre di più – anche in Thailandia – segno di Chiesa universale.