«I muri? Servono solo a noi»

In corso a Hong Kong il festival «HK Walls» cui partecipano graffitari da tutto il mondo: gli artisti della bomboletta vogliono cambiare il concetto stesso di muro, trasformando le barriere in luogo di libertà di espressione e di denuncia sociale.
Delimitano i confini, impediscono la circolazione di merci e soprattutto bloccano qualsiasi contatto con lo straniero: i muri spuntano ormai ovunque sul planisfero e costruirli è un’attività tornata di moda che rientra persino nei programmi di governo. Anche a Hong Kong, in questi giorni si parla di muri ma il motivo non è la comparsa di uno studio preparatorio per l’ennesima barriera anti-uomo. Un collettivo di giovani artisti locali lunedì scorso ha infatti inaugurato una manifestazione dedicata ai graffiti che in questi giorni coloreranno i muri di Hong Kong. L’evento è organizzato da un’associazione indipendente ma non ci sarà posto per alcun vandalismo: le performance – che dureranno fino a domenica 26 marzo – sono infatti regolamentate da un fitto programma tra cui figurano seminari e workshop di specializzazione per aspiranti graffitari tenuti da grandi firme internazionali dell’arte di strada, che si esibiranno nelle periferie della città. Che i murales abbiano uno stretto legame con i bassifondi urbani, dopotutto non è una novità e – anche se oggi a graffitari come Keith Haring o Basquiat vengono dedicate mostre in palazzi esclusivi – il festival «HK Walls» si muove nel solco della tradizione. La manifestazione cinese però fa un passo ulteriore che la rende davvero attualissima. Al motto «We need walls, you need art» (ovvero «Noi abbiamo bisogno di muri, voi di arte»), le grandi firme della bomboletta – accorse a Hong Kong da tutto il mondo – usano la vernice per proporre un’interpretazione diversa del concetto di muro che da ostacolo si trasforma in tela bianca e da barriera diventa strumento di libera espressione. «Quando disegni su un foglio o una tela, sei protetto in un posto all’interno – spiega Candy Bird, pseudonimo dietro il quale si cela l’artista taiwanese Han Junyue tra i più attesi a Hong Kong – Per fare graffiti devi uscire: c’è maggiore possibilità di interazione. Inoltre cambia la logica della composizione: la street art ti permette di scegliere il posto pubblico dove disegnare e il tuo progetto non può prescindere dagli elementi che già esistono come le unità per l’aria condizionata, fili elettrici e buchi… Tutto questo mi permette di immaginare la storia di quello spazio e delle persone che sono state lì prima di me».

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