L’agenzia cattolica thailandese LicasNews ha raccolto la testimonianza della suora inginocchiata davanti ai poliziotti in Myanmar, la cui foto ha fatto il giro del mondo. Aveva aperto ai feriti degli scontri la clinica che gestisce per la Chiesa: “Probabilmente ho fatto la figura della stupida, ma ho provato pietà per le persone: così ho deciso di restare e di morire se è necessario”. Intanto la polizia e l’esercito continuano ad aprire il fuoco sulla folla decine i morti
Continuano gli scontri in Myanmar. Ieri mercoledì 3 marzo, altre 38 persone hanno perso la vita. Le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sulla folla in varie città: Myingyan, Mandalay, Monywa, Yangon. È stata la giornata più sanguinosa dall’inizio delle proteste.
Il 28 febbraio a fare il giro del mondo è stata la foto che ritraeva una suora in ginocchio intenta a pregare la polizia affinché smettesse di scagliarsi sui manifestanti. Suor Rose Lasang Nu Twang, della diocesi di Myitkyina, capitale dello stato Kachin nel nord del Paese, racconta all’agenzia cattolica thailandese LiCAS.news le vicende di quella domenica turbolenta. “Per favore non sparate, per favore non fatelo. Sono civili innocenti” ha gridato quando poliziotti e soldati hanno puntato le armi contro la folla.
Suor Rose, insieme ad altre suore della Congregazione di San Francesco Saverio, gestisce una clinica che diversamente dal solito, era aperta quella domenica. Infatti, dato che tutti gli altri ospedali sono stati chiusi quando i militari hanno preso il controllo del governo e dato il crescente numero di pazienti poveri bisognosi di cure mediche, suor Rose ha invitato gli operatori sanitari cattolici e gli amici ad aiutare nella clinica gestita dalla Chiesa.
“Ho visto la gente, soprattutto manifestanti, nella strada di fronte alla nostra clinica”, racconta. La polizia e i veicoli militari si sono avvicinati ad un gruppo di giovani riuniti fuori dalla clinica. Si è sentita una forte esplosione, “Eravamo tutti scioccati e siamo scappati – ha ricordato suor Rose -. Abbiamo cercato di aiutare a tenere la gente lontana dalla polizia”, ha detto, aggiungendo che la clinica ha aperto le sue porte ai manifestanti. Uomini armati hanno cominciato a seguire la gente, picchiando e arrestando alcuni manifestanti. In centinaia sono fuggiti nel recinto della clinica.
“Gridavo forte, e ho cercato di riportare indietro le persone che erano state prese dalla polizia. Ho cercato di intervenire e la polizia mi ha picchiato”. Non tutti sono riusciti a scappare: alcuni sono caduti a terra, altri si sono feriti. “Probabilmente ho fatto la figura della stupida”, racconta suor Rose sorridendo riferendosi a come ha cercato di impedire ai poliziotti di inseguire la folla con le braccia tese fuori dalla clinica. Anche lei volva scappare “ma ho provato pietà per le persone, così ho deciso di restare, e di morire se è necessario”, ha detto.
Quando la polizia ha iniziato a marciare, la suora è corsa verso di loro e, unendo le mani come in preghiera, si è inginocchiata. “Il popolo ha già sofferto molto. Sparatemi a morte”, ha gridato ai poliziotti che nel vederla si sono fermati. Dopo qualche istante, suor Rose ha aperto gli occhi e ha visto che era sola. La gente era già fuggita e i poliziotti si erano ritirati. “Mentre stavo per entrare, i poliziotti sono tornati e di nuovo li ho affrontati e ho cercato di cacciarli” prosegue suor Rose. Poco dopo una raffica di spari.
“Queste persone sono innocenti e vogliono solo protestare in modo pacifico. Non trattateli duramente. Tutti noi siamo cittadini e siamo fratelli e sorelle. Se è necessario, uccidetemi e lasciate che la gente sia libera”, ha ripetuto la suora agli uomini armati. La polizia l’ha avvertita di non avvicinarsi. Ma lei ha rifiutato: “Finché continuerete a fare cose crudeli, non mi allontanerò: soffrirò la morte”, ha detto.
La polizia ha risposto ritirandosi. Suor Rose è subito rientrata nella clinica per medicare i feriti, che hanno continuato ad arrivare durante tutta la giornata. “Ho ringraziato Dio per la forza di affrontare i poliziotti”, ha detto più tardi, lei stessa sorpresa delle sue azioni.