Sono stati mesi di violenze, tensioni e rabbia in Bangladesh. E sono ancora adesso tempi di incertezza e instabilità, che richiedono un rinnovato nutrimento spirituale
Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti» (1Re 19). Anch’io sento di aver bisogno di nutrirmi della Parola di Dio in questo momento, una Parola che aiuta nel cammino, specialmente quando ci si trova nel mezzo di giorni di fuoco. È quello che è successo qui in Bangladesh in questi mesi, con le rivolte dei lavoratori e degli studenti, la fuga della premier Sheikh Hasina, i giorni di forte tensione e instabilità.
Sono in Bangladesh da più di 13 anni e mi accorgo che ho ancora tanto da capire di questo popolo e di questa storia nella quale mi trovo a vivere e da cui forse ho ancora tanto da imparare. Mi ha sempre molto colpito, però, la reazione dei bengalesi di fronte alle situazioni di crisi più o meno gravi: passano subito alle mani senza troppo discutere. Se c’è un incidente stradale, ad esempio, ecco che non si parlano per capire chi ha torto o ragione, si picchiano subito, coinvolgendo anche persone di passaggio.
Quanta rabbia ho visto in questi mesi! Questa reazione mi fa ha fatto capire meglio come troppo spesso si sia agito contro la libertà della gente. Ma tanta violenza e troppa aggressività si sono rivolte anche contro le cose belle che sono state realizzate perché il Paese potesse svilupparsi. Tutto questo mi fa pensare che le persone, e soprattutto i giovani, non ne potevano davvero più.
Stiamo vivendo allora un momento storico importante per il Bangladesh, una seconda indipendenza che credo e spero – se diretta in modo intelligente – possa portare questo popolo a fiorire.
Mi auguro che l’attuale primo ministro ad interim Muhammad Yunus possa essere un aiuto in questo momento delicato e cruciale per il Bangladesh. Lo voglio credere. Le nuove generazioni e i piccoli meritano una situazione di vita sicuramente migliore di quella dei loro padri, altrimenti ci sarà ancora tanta rabbia. Ci sono poi interessi internazionali intorno al Bangladesh; di sicuro anche questo conta molto nelle scelte di chi aiuterà il Paese a risollevarsi.
E come ho vissuto io tutto questo? Non è facile da straniera capire tutto e decidere per la sicurezza della mia comunità, dei pazienti e dello staff. Mi sento ancora tanto piccola di fronte a tutto quello che sta succedendo, ma allo stesso tempo ho la responsabilità grande di decidere per molti. Solo lo Spirito può aver guidato le mie scelte perché da sola davvero non ce l’avrei fatta