Le sfide, la fatica, ma anche la bellezza di essere missionaria e medico a Khulna, in Bangladesh. L’invito a «sporcarsi mani e piedi» di suor Roberta Pignone, missionaria dell’Immacolata, per questo mese missionario
Carissimi, buon mese missionario!
Mi fermo un attimo per dedicare un po’ di tempo a condividere con voi la mia “follia d’amore” in cammino! È finita l’estate italiana e devo confessare che quest’anno ho un po’ “invidiato” le varie foto delle vostre vacanze: mare, montagna, tempi di sosta e di riposo!
Qui fa ancora caldo e la stagione delle piogge sembra non voler finire mai, “regalandoci” un’umidità che non scende mai sotto il 90%, spingendosi tanto vicino al 100%. Questo fa aumentare il caldo percepito e la stanchezza a volte taglia le gambe!
Ci sono giorni in cui scendere dal letto è difficile, ci si sente già a pezzi di primo mattino e poi… beh, gli anni aumentano per tutti! Ma, a parte questo, sto bene!
Sogno, però, un periodo di riposo e di stacco, prevedo per questo mese una settimana di esercizi spirituali e, dopo Natale, un salto in India per recuperare il viaggio-visita a Mumbai, saltato lo scorso anno. Desidero vedere come lavorano contro la lebbra e la tubercolosi le mie consorelle che sono presenti in quel Paese.
Sono stati mesi impegnativi quelli appena passati, il lavoro aumenta sempre di più con nuove possibilità di aiuto nella diagnosi e nella prevenzione delle malattie. Abbiamo avuto da poco l’autorizzazione a ricevere una macchina per fare il “gene x pert”, un esame particolare che permette di confermare la diagnosi di tubercolosi e di escludere un’eventuale resistenza ai normali farmaci utilizzati per la cura. Al momento, infatti, abbiamo cinque pazienti dichiarati “multi drug resistant”, cioè che non rispondono alla normale terapia per la Tb e devono fare terapie con molti antibiotici per nove mesi sotto stretto controllo medico. Questo è un segno che si stanno creando tante resistenze ai normali farmaci, e stiamo perdendo colpi nella lotta contro la malattia. Bisogna capire il perché.
Per quanto riguarda la lebbra, sembra che il Bangladesh verrà ancora dichiarato “Paese endemico”: i casi stanno aumentando e noi facciamo ultimamente una o due nuove diagnosi alla settimana, grazie anche alla collaborazione dei medici locali che si sono sensibilizzati al problema. La gente faticava a credere che la lebbra esistesse ancora e non vi si poneva alcuna attenzione soprattutto nella diagnosi, venendo esclusa tra le varie diagnosi differenziali. Sembra invece che il governo bengalese voglia farsi seriamente carico di questa lotta che noi che lavoriamo contro la lebbra abbiamo nel cuore: «Zero pazienti entro il 2030!». Quindi uniti nella lotta! Vediamo cosa il futuro ci prospetta.
La mia attività settimanale prevede ormai da qualche mese che il martedì pomeriggio sia dedicato all’attività in… piscina! La mattina, infatti, vengono tutte le pazienti che hanno fatto la terapia (con i loro “cuccioli”): sono quelle che sono state ricoverate e continuano il loro follow up, facendosi controllare una volta la settimana. Si fermano a pranzo qui da noi con i loro bambini e poi nel pomeriggio o piscina o altre attività ludiche, a seconda che la pioggia lo permetta.
È un momento particolare e bello per tutti: le donne lasciano le loro case dove spesso soffrono e faticano: “staccano” per un giorno, senza dove pensare a cucinare o ai loro mariti. Qui possono tirare un po’ il fiato. Stanno insieme, si raccontano le loro vite e qui ricevono baci, abbracci e coccole che di certo a casa non trovano.
Nessuna si dice contenta del matrimonio: c’è chi ha il marito malato psichiatrico che non si fa curare e la picchia; chi ha il marito senza lavoro e scarica la tensione sulla moglie; chi ha il marito che fa debiti da tutte le parti e non hanno da mangiare…
Una sofferenza grande è stata scoprire che due di loro, poco dopo la dimissione, mi hanno rivelato di essere incinte; non ho fatto neppure in tempo a pensare a una soluzione che sono andate ad abortire, una costretta dal marito, una perché non aveva scelta.
Qui è facile trovare in farmacia il kit per l’aborto: è una cosa incredibile, qualche pastiglia e via, senza nessun controllo medico. Le conseguenze di queste bombe ormonali e di un aborto che pesa sul loro cuore sono spesso devastanti per le donne, che spesso sono sole a farsene carico.
Rimango in silenzio di fronte a queste scelte, ingoiando la rabbia dell’impotenza e della non comprensione. Provo rancore nei confronti di quegli uomini che non vogliono nemmeno prendere delle precauzioni! Tutto è sempre a carico della donna!
Quindi il martedì diventa un giorno di respiro, aria nuova, sorrisi e risate, abbracci e coccole per chi ha il cuore appesantito, e anche per me che lascio i pensieri e le tensioni insieme alla stanchezza per stare un po’ con loro.
Un giorno il mio fisioterapista, al quale avevo detto che doveva farmi vedere un paziente, mi ha riposto che ero occupata a giocare e non voleva disturbarmi!
Di questo ringrazio perché è stata un’intuizione del Triduo pasquale, quando ho pensato che avrei comprato la piscina per il giorno di Pasqua. E allora ogni martedì per noi è effettivamente un po’ Pasqua, giorno per poter rinascere e vivere leggere!
E i bambini, beh, per loro è gioia grande! Tanti vivono in stanze addossate ad altre case e non hanno spazio. Qui invece hanno un grande giardino dove correre, sfogarsi, giocare a pallone… Ogni martedì ne distruggono almeno uno perché va a finire su un cactus o su qualche spuntone. Non riusciamo mai a salvarne neppure uno!
Tutto questo è balsamo per questa gente, non solo nella cura quotidiana delle malattie che a volte toglie la pace, perché spesso sono sola a fare diagnosi e a decidere le terapie. Grazie a WhatsApp ora posso chiedere aiuto in tempo reale a vari colleghi in Italia, sempre pronti a darmi una mano.
Devo ammettere che dopo dieci anni di lavoro da sola ora questo comincia a pesarmi: per ogni scelta, ogni decisione sono da sola e la stanchezza si sente.
A volte, la sera, quando rientro a casa mi chiedo se ho fatto tutto quello che potevo. È difficile davvero stare dietro a tutto e tutti, con i pensieri e le cose che spesso sfuggono dalla testa, e per fortuna poi tornano e così riesco a concludere i programmi.
La sera è il momento della pace, ma anche della stanchezza. Spesso mi trovo di fronte a Gesù in cappella e gli dico tutta la mia fatica e la mia tensione, non riesco a pregare in modo diverso e so che Lui accoglie. E so che tutti i segni di tenerezza e di aiuto che ricevo sono segni del suo amore per me.
Quando penso di non potercela fare, mi dico che è Lui che mi vuole qui e non desidera certo che le cose vadano male: mi sento accompagnata, sostenuta e allora ogni giorno si ri-inizia con la certezza della sua cura.
Mi piace fare memoria delle cose belle che ha fatto e fa nella mia vita. Chi mi conosce da tempo sa che spesso sono solita dire: «Che spettacolo!». Lo ricordo anche nella predica della mia prima Professione.
È proprio così, il Signore ha fatto di me una “vita da spettacolo”. Lo so che poteva essere diversa, molto diversa se non mi avesse teso la mano e tirata su in un certo momento del cammino. E il suo tirarmi su, salvarmi e mettermi su una strada diversa è stato di sicuro perché io possa fare lo stesso per la mia gente di qui.
Papa Francesco ha scelto nel messaggio per la Giornata missionaria mondiale di quest’anno il Vangelo dei discepoli di Emmaus a me caro da tanto tempo. Sin dall’inizio del postulato in formazione, accompagna da anni il mio cammino: il mio Gesù della Professione definitiva è preso da una immagine di Emmaus. E allora nel salutarvi utilizzo le parole di Papa Francesco: «Come quei due discepoli narrarono agli altri ciò che era accaduto lungo la via (cfr Lc 24,35), così anche il nostro annuncio sarà un raccontare gioioso il Cristo Signore, la sua vita, la sua passione, morte e risurrezione, le meraviglie che il suo amore ha compiuto nella nostra vita. Ripartiamo dunque anche noi, illuminati dall’incontro con il Risorto e animati dal suo Spirito. Ripartiamo con cuori ardenti, occhi aperti, piedi in cammino, per far ardere altri cuori con la Parola di Dio, aprire altri occhi a Gesù Eucaristia, e invitare tutti a camminare insieme sulla via della pace e della salvezza che Dio in Cristo ha donato all’umanità».
E dunque, “Cuori ardenti e piedi in cammino!”, come dice lo slogan di quest’anno: piedi che non si stancano mai di andare, ma anche di fermarsi per curare, ascoltare, abbracciare, farsi prossimi; piedi che non abbiano mai paura di sporcarsi! E pure le mani!
Questo sia un tempo nel quale sentirsi più vicini con la preghiera e l’affetto perché questo è quello di cui ho bisogno io.
Un amico la scorsa settimana mi diceva che sono figlia della mia parrocchia, figlia che ha deciso di partire per portare quello che nella mia “SanGiu” ho ricevuto ma sono anche sorella di tanti che ho incontrato sulla strada e che non mi mollano mai!
Grazie di cuore! E, se tutto va bene, per il mese di dicembre ci sarà anche un mio libretto con foto e lettere di questi miei anni di missione, perché il nostro ospedale ha anche bisogno di sostegno.
Un abbraccio grande e grazie della amicizia