I risultati di uno studio sulle narrative dei gruppi non musulmani su quotidiani, radio, tv locali: «Anche quando diventano oggetto di cronaca non c’è mai spazio per la loro voce»
Non solo perseguitate, ma anche incomprese e dipinte dai mass-media secondo stereotipi che ne prolungano lo stato di sottomissione. Questa è la realtà delle minoranze religiose in Pakistan, non più del cinque per cento di una popolazione complessiva di 210 milioni di persone, perlopiù di fede musulmana.
La visione parziale e a volte opportunista dei mezzi di comunicazione di massa nel Paese asiatico emerge in un nuova ricerca del locale Istituto per la ricerca, impegno e sviluppo (Irada). Proprio nell’introduzione si legge che «le minoranze sono generalmente rappresentate in un contesto di vittimizzazione. La maggior parte dell’informazione che le riguarda non include le loro visioni, opinioni o prospettive, cosa che li rende di fatto incapaci di esprimersi sui loro stessi problemi. La maggior parte delle informazioni e immagini che li riguardano non sono a loro beneficio».
Si tratta di considerazioni parte dello studio, significativamente intitolato Narratives of Marginalization (Narrative di emarginazione); al centro c’è proprio l’idea che «quasi tutta l’informazione riguardo le minoranze è reazionaria e connessa a eventi, con poche storie che evidenzino la loro realtà». Se, ad esempio, le minoranze sono soprattutto descritte in termini di addetti alla pulizia di fognature e latrine, abitanti degli slum, gruppi coinvolti con la produzione clandestina di alcolici, lavoratori domestici e vittime di conversione forzata o discriminazione, nessuno – nemmeno i mezzi radiotelevisivi – ne propongono mai testimonianze dirette.
Il monitoraggio è stato effettuato su 12 mezzi d’informazione (quotidiani, reti televisive e radiofoniche, siti d’informazione online) analizzati tra l’8 e il 21 ottobre dello scorso anno, nelle fasi finali della vicenda di Asia Bibi condannata a morte per blasfemia e in attesa del giudizio conclusivo della Corte Suprema.
Una vicenda, quella della madre di famiglia cattolica che ha trascorso quasi dieci anni in prigionia prima di potere vedere riconosciuta la sua innocenza, ampiamente ripresa dai media, anche per il forte risalto internazionale. Questo spiegherebbe perché del 39,4 per cento di notizie centrate sulla minoranza cristiana sul totale di quelle dedicate complessivamente alle minoranze, ben il 24,5 per cento hanno avuto come oggetto proprio Asia Bibi. Una situazione positiva, dato che ha evidenziato quelli che sono percepiti come a abusi della “legge antiblasfemia”, ma che non ha messo in discussione la realtà di discriminazione sostanziale che i battezzati si trovano a affrontare quotidianamente. Tanto per fare un confronto, nello stesso periodo consierato alla condizione delle donne delle minoranze è stata dedicata unicamente un’informazione su dieci.
Non solo discriminati ma anche in calo. Dallo studio di Irada emerge un calo percentuale della popolazione cristiana, secondo i censimenti ufficiali passata in un ventennio (1998-2017) dall’1,59 all’1,27 per cento dei pachistani, contribuendo così sostanzialmente al calo complessivo dello 0,19 per cento della popolazione inclusa tra le minoranze socio-religiose. Un dato che chiama a un’analisi, ma che i mass-media hanno praticamente ignorato. Forse perché – hanno sottolineato i responsabili dello studio – i giornalisti non cristiani sono solo l’1,3 per cento dei 20mila complessivi registrati in Pakistan.