Rana Plaza cinque anni dopo

Rana Plaza cinque anni dopo

Sono passati cinque anni dalla tragedia nell’industria tessile del Bangladesh che produceva per i grandi marchi occidentali. Da allora una campagna internazionale per la sicurezza sul lavoro ha portato a passi avanti importanti. Ma restano ancora  grandi marchi che non hanno aderito

 

Ricorrono oggi i cinque anni dal crollo del Rana Plaza in Bangladesh, la fabbrica tessile crollata sotto il peso dei macchinari causando la morte di oltre 1100 persone. Una tragedia assurta a simbolo delle condizioni di lavoro inaccettabile che spesso si nascondono dietro ai vestiti a basso prezzo venduti nei nostri centri commerciali.

Il dramma del Rana Plaza cinque anni fa suscitò sdegno in tutto il mondo e grandi promesse su azioni per migliorare le condizioni di lavoro in questo tipo di contesti. Da allora che cosa è successo davvero?

A monitorare in Italia questo tema – e a mantenere alta l’attenzione – è la campagna Abiti Puliti che ha fatto proprio in questi giorni il punto della situazione. Già nel maggio 2013, poche settimane dopo la tragedia, in Bangladesh si arrivò alla firma di un accordo basilare che è stato sottoscritto da oltre 220 gruppi tessili e che guardava alla prevenzione degli incendi e sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh. Secondo gli organismi di contro previsti da quell’accordo gli impegnio presi sono stati rispettati all’85%. Ma la campagna va comunque avanti: è stato steso un nuovo Accordo 2018 che prevede standard di sicurezza ulteriori.

 

 

«Stiamo facendo pressione su quei marchi che avevano già sottoscritto il primo Accordo affinché rinnovino il loro impegno – scrive sul suo sito internet la campagna Abiti Puliti -. Tra questi ricordiamo il marchio italiano Teddy S.p.A, Abercrombie & Fitch, Sainsbury’s e Gekas Ullared. 

Poi ci stiamo rivolgendo a quelle aziende che non hanno mai sottoscritto la prima versione dell’Accordo per chiedergli di abbandonare le ispezioni unilaterali aziendali e impegnarsi in un programma ispettivo credibile e trasparente come quello previsto dall’Accordo. Tra queste VF Corporation (The North Face, Timberland, Lee, Wrangler), Gap, Walmart, Decathlon New Yorker.

Infine, raccogliamo la possibilità offerta dal nuovo Accordo 2018 di includere anche fabbriche che producono accessori tessili, a maglia e in tessuto non necessariamente di abbigliamento. È ad esempio il caso di marchi come IKEA, chiamati ad assumersi anche loro la responsabilità di garantire la sicurezza per i propri lavoratori sfruttando l’opportunità offerta dall’Accordo 2018».

Clicca qui per vedere le modalità suggerite per fare pressione su questi marchi sul sito della campagna Abiti Puliti