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Sri Lanka, genealogia di una crisi / debito 3

Il fallimento finanziario della “Perla dell’Oceano Indiano”, oggi alle prese con misure di austerità, ha portato a un cambio di governo

Ad aprile 2022 lo Sri Lanka ha annunciato la sospensione del pagamento delle obbligazioni sul debito estero. Da allora, la “Perla dell’Oceano Indiano” si è trovata ad affrontare una situazione senza precedenti: un default finanziario che ha messo in luce vulnerabilità economiche che si trascinavano da tempo.

Le proteste contro il carovita (a settembre 2022 l’inflazione era arrivata al 70%) che seguirono all’annuncio portarono alle dimissioni dell’allora presidente Gotabaya Rajapaksa. Al suo posto venne scelto il primo ministro Ranil Wickremasinghe, che, un anno dopo, a marzo 2023, riuscì a sottoscrivere un accordo da 3 miliardi di dollari con il Fondo monetario internazionale (Fmi) per la ristrutturazione del debito. In cambio l’istituto di credito chiese, però, l’attuazione di misure di austerità, tra cui un aumento delle tasse, passate dal 12,5% al 36% per i redditi più alti. Soluzioni fin da subito impopolari. Gli srilankesi, stremati dalle ristrettezze economiche e stanchi di politici di lungo corso percepiti come corrotti, a settembre dello scorso anno hanno eletto come nuovo presidente Anura Kumara Dissanayake, di ispirazione marxista. In campagna elettorale il politico 56enne aveva promesso di rivedere gli accordi con l’Fmi per alleviare la situazione delle famiglie a basso reddito, ma senza spiegare come: a fine novembre l’istituto di credito ha confermato il finanziamento citando segnali di ripresa, ma ricordando che nell’economia srilankese persistono elementi di vulnerabilità.

Gli economisti hanno sottolineato che la crisi del debito srilankese deriva da anni di malagestione da parte di diverse amministrazioni: nel decennio precedente al default, il debito pubblico era aumentato a un tasso medio del 13%, mentre la crescita economica aveva già dato segni di rallentamento. Gli attentati di Pasqua del 2019, in cui morirono 269 persone e altre 500 vennero ferite, portarono a una contrazione del turismo, che nel 2018 valeva 4 miliardi di dollari. Poco prima dell’arrivo del Covid-19, per favorire i consumi, il governo propose inoltre un taglio delle tasse. Una scelta che si rivelò disastrosa per le casse statali: alla fine del 2021 il Paese disponeva di soli 3 miliardi di dollari per pagare le importazioni di beni essenziali e i debiti, arrivati alla cifra record di 88 miliardi di dollari. Nonostante alcuni miglioramenti, le conseguenze della crisi continuano a gravare sugli srilankesi: oggi oltre il 25% dei 22 milioni di abitanti si trova sotto la soglia di povertà.

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