Suharyo, il cardinale che difende la Pancasila

Suharyo, il cardinale che difende la Pancasila

In Indonesia anche i non cristiani hanno salutato con favore l’annuncio della poprora all’arcivescovo di Jakarta. Che appena qualche mese fa invitava il Paese a guardarsi dalle minacce alla coesione nazionale alimentate dalla corruzione e dall’estremismo

 

Tra i 13 nuovi cardinali annunciati il 1° settembre da papa Francesco e che riceveranno la piena investitura in Vaticano il 5 ottobre, figura anche l’arcivescovo di Jakarta, mons. Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo.

Il prelato, che ha 69 anni ed è membro della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha seguito lo stesso percorso del suo predecessore, il cardinale Julius Darmaatmadja: è stato prima alla guida dell’arcidiocesi di Semarang per passare poi a Jakarta e alla presidenza della Conferenza episcopale indonesiana. Ed era stato così anche per il primo cardinale della Chiesa locale, Justinus Darmojuwono, scomparso nel 1994; un segnale di continuità ma anche del ruolo che Java ricopre nella piccola cattolicità indonesiana, il 3 per cento dei circa 270 milioni di abitanti dell’immenso arcipelago asiatico.

La designazione di mons. Suharyo Hardjoatmodjo tra i cardinali è stata accolta con gioia non solo dai cattolici in Indonesia. Come sottolineato dal reverendo Gomar Gultom, segretario generale della Comunione delle Chiese del Paese, che ha parlato di «un pastore appassionato, non soltanto per i cattolici ma anche per persone di religione diversa. Un uomo di Chiesa che mette ciascuno a proprio agio». A sua volta, Ahmad Syafii Maarif, già presidente della seconda organizzazione islamica come consistenza, la Muhammadyah, in un videomessaggio di congratulazioni ha parlato di «un dono eccezionale dal Papa per il popolo indonesiano».

A confermare il ruolo-chiave del futuro cardinale nei rapporti tra cristiani e non-cristiani, la sua terza elezione nel novembre 2018 alla carica di presidente della Conferenza episcopale indonesiana. In quell’occasione, i 39 vescovi raccolti a Jakarta fecero appositamente saltare la clausola che prevede un massimo di due mandati citando «necessità impellenti». Le voci indicarono queste «necessità» nell’opportunità di poter continuare a contare su una voce influente con base a Giacarta, vicino al governo centrale, per consentire una comunicazione più agevole nel caso fosse successo qualcosa. Proprio in quelle settimane, infatti, si era fatto acceso il dibattito sui diritti umani e sugli abusi perpetrati in passato. In particolare sul ruolo dei militari nelle “purghe” anticomuniste del 1965-66 che costarono la vita ad almeno 300mila presunti oppositori del presidente Sukarno e nelle estese rivolte che nel 1998 seguirono la caduta del dittatore Suharto. Nell’occasione, mons. Hardjoatmodjo espresse con chiarezza il suo pensiero: «La Chiesa cattolica vuole che i diritti umani siano rispettati e tutelati in nome della centralità del diritto alla vita e della dignità umana».

Un richiamo a quando indicato la Pasqua precedente con un chiaro riferimento alle minacce alla coesione nazionale che il prossimo porporato connette con la sete di denaro, potere e prestigio che alimentano la corruzione, arrivando a provocare fratture in una società che ha al centro l’unità garantita dalla dottrina di stato della Pancasila (Cinque princìpi). Una visione che concede un ruolo alle religioni, a partire da quella islamica maggioritaria, purché contribuiscano all’unità nazionale. «Molti cattolici si sforzano di costruire buoni rapporti con i leader religiosi nelle aree in cui convivono – spiegò l’arcivescovo di Jakarta in quell’occasione -. Si impegnano a promuovere l’unità che sembra avviarsi verso la disgregazione» per colpa di interessi politici che alimentano anche tensioni tra le fedi.

La chiamata alla moralità, la partecipazione piena dei cattolici alla vita nazionale e il dialogo sono oggi centrali nel quotidiano e nelle prospettive della Chiesa indonesiana. E la scelta di inserire l’arcivescovo di Jakarta tra i nuovi cardinali è insieme un riconoscimento e di incoraggiamento per una cattolicità dispersa ma tenace e partecipe.