In occasione dei 700 della morte di Marco Polo, l’Ambasciata italiana a Pechino ha promosso importanti celebrazioni, ricordando anche un altro “grande” italiano: il gesuita Martino Martini, che realizzò, tra le molte opere, anche il primo Atlante della Cina, di cui il Museo Popoli e Culture del Pime conserva una pregevole copia
Persino il presidente Xi Jinping, nel 2019, ha espresso grande stima per Martino Martini, citandolo come pioniere della schiera di sinologi italiani che «hanno svolto un ruolo di ponte nei rapporti tra Cina e Europa, a partire dalla prima grammatica della lingua cinese scritta per l’Occidente». Non stupisce dunque che l’ambasciata italiana a Pechino abbia deciso di inserire la sua figura nella serie di eventi dedicati a importanti personalità italiane che hanno lasciato una traccia in Cina e hanno fatto conoscere questo Paese in Italia, in occasione dei 700 anni della morte del viaggiatore e commerciante veneziano Marco Polo.
Ma chi era questo missionario nato a Trento nel 1614? Certamente fu una figura di grande rilievo, la cui memoria è ancora viva sia in Italia che in Cina. Giunto nel Paese asiatico nel 1600, il gesuita ha dato infatti un apporto non trascurabile alle relazioni tra Europa e Cina, anche se quegli anni non furono tra i più sereni. Si trovò infatti nel mezzo di alcuni conflitti religiosi che coinvolsero i gesuiti e gli ordini mendicanti spagnoli. Erano dovuti in particolare alla cosiddetta “controversia dei Riti cinesi”: i gesuiti sostenevano la possibilità di conciliare la dottrina cattolica con alcuni culti – in particolare quello dei morti – praticati dal popolo cinese. I francescani, invece – insieme ad altri ordini religiosi – sostenevano che tali riti erano in contrasto con la fede nel Dio cristiano. Martino Martini fu incaricato di esporre in Europa la posizione della Compagnia di Gesù, che finalmente ottenne il favore della Santa Sede nel 1656, contribuendo così all’incontro tra le due culture.
Al di là di tali controversie, la missione di Martino Martini fu scandita da molti viaggi e dalla scrittura di numerose opere, come testimonia la pubblicazione del Qiu You Zhuan (il Trattato sull’Amicizia, 1661); altri importanti scritti vennero pubblicati durante il suo viaggio in Europa. Inoltre, fu il primo compilatore della grammatica cinese nello stile occidentale.
Ma tra le sue opere più importanti va annoverato anche il Novus Atlas Sinensis, il primo atlante geografico della Cina, stampato ad Amsterdam nel 1655. Una copia di notevole pregio è oggi conservata al Museo Popoli e Culture del Pime di Milano ed è “sfogliabile” in versione digitale. L’Atlas contiene una carta generale del Paese e carte più specifiche delle varie province, ed è considerata a tutti gli effetti un’opera scientifica, a differenza del Milione di Marco Polo che è spesso ricco di immagini fantastiche. Lo stesso Martini nomina più volte il viaggiatore veneziano, a volte per confermare i suoi racconti, altre per confutarli. Ancora oggi l’Atlas e le sue altre opere rientrano tra i resoconti più approfonditi e importanti sulla realtà cinese circolanti in Europa nel 1600.
Il gesuita tornò in Cina, e in particolare nella città di Hangzhou, nel 1657: qui contribuì alla conclusione della chiesa del Redentore e morì il 6 giugno del 1661. Attorno al mausoleo, che custodisce le sue spoglie e quelle di altri 15 gesuiti, è stato creato un parco che rappresenta ancora oggi un punto di riferimento per i cattolici cinesi. Ma continua a essere anche un ponte simbolico di incontro tra Cina ed Europa. In Italia, la sua memoria è tenuta viva specialmente dal Centro Studi Martino Martini, con sede a Trento.