La Missionaria dell’Immacolata a cui a 77 anni – dopo 45 passati con i lebbrosi – le autorità di New Delhi non vogliono rinnovare il visto: «Non è l’India che ha bisogno di me; sono io che ho bisogno dell’India»
Da Mumbai (India)
La Via Crucis quasi quaresimale di suor Bertilla Capra, 77 anni, in India da 45 con i lebbrosi, per ottenere un nuovo permesso di soggiorno nel paese, stride con il tempo di Natale e la Festa dell’Epifania, ma anche con il comune senso di umanità. «Lo ammetto: a questa età non è l’India che ha bisogno di me; sono io che ho bisogno dell’India», mi dice ricevendomi la sera dopo le ore di lavoro al Vimala Dermatological Centre di Mumbai. Fa niente se poi al mattino si presenta in bicicletta sotto le finestre dell’appartamento dove io invece sono in ritardo per la Messa delle sei e trenta.
Intanto l’allarme è suonato. Gli ultimi anziani missionari italiani nel paese, entrati pima della sospensione di ogni nuovo visto quasi quarant’anni fa, rischiano di diventare un altro motivo aperto di attrito col governo nazionalista di Narendra Modi dopo quello dei due militari accusati da tre anni di omicidio in mare e quello più “politico” di Sonia Maino vedova Gandhi, leader del Partito del Congresso di opposizione.
Suor Bertilla ha bussato a tutte le porte a dicembre, compresa la nunziatura e la presidenza della conferenza episcopale, per coinvolgere direttamente il ministro degli interni. Ma il suo impegno per i lebbrosi non è la carta migliore che può mettere sul tavolo. Dall’anno 2000 il governo indiano ha dichiarato la lebbra ufficialmente sradicata dal paese e non ne vuole più sentir parlare. Peccato che durante la mia breve visita nelle scorse tre settimane mi sia imbattuto, senza andarle a cercare, in ben cinque strutture di accoglienza e cura dei lebbrosi.
I commenti dei missionari non sono teneri. I potenti in India continuano ad ignorare i poveri. Il retroterra bramino degli ispiratori del Bharatiya Janata Party, al governo da quasi due anni, accentua l’irrilevanza degli strati sociali più svantaggiati e peggio ancora dei fuori casta (dalit). I politici si irritano per l’interesse dimostrato da organizzazioni religiose ed umanitarie. L’orgoglio nazionalista sbarra la strada a servizi educativi e sanitari che nelle aree più remote il governo non riesce comunque a garantire.
Gli ultimi missionari non si fanno illusioni. Non sono più “necessari”, come dice suor Bertilla, perché le forze comunque vengono meno, le strutture e comunità religiose a cui hanno dato vita in India sono in grado di portare avanti ogni cosa, la lebbra dopo tanto impegno regredisce. Ma un conto è vivere gli ultimi anni e morire tra le braccia della gente che si è amato più di tutto; un’altra è affrontare la vecchiaia e il tramonto nel proprio paese di origine, a cui si deve sì riconoscenza, ma ormai molto più lontano di quello di adozione. E’ questo il risvolto più doloroso e persino disumano di un visto negato alla soglia degli ottant’anni.