Domani 18 milioni di taiwanesi andranno alle urne per le elezioni presidenziali e parlamentari. Le previsioni danno per favorita la candidata del partito democratico progressista, Tsai Ing-wen. La sua vittoria potrebbe cambiare gli equilibri dell’isola con Pechino.
È alta l’attenzione per il doppio evento elettorale di domani a Taiwan. Un voto, quello per le presidenziali e il parlamento, che sarà combattuto ma soprattutto importante per la forte probabilità della vittoria della candidata dell’opposizione, Tsai Ing-wen (nella foto). Il partito al governo, Kuomintang, è impegnato da anni a tessere legami sempre più stretti con il continente, verso una piena associazione con Pechino che l’opposizione non vuole e con essa la maggior parte dei taiwanesi. Si teme che un’associazione ulteriore con gli interessi economici della Cina siano accompagnati esplicitamente dalla pressione da parte di Pechino a implementare la soluzione “Un Paese, due sistemi” già in pratica a Hong Kong e Macau. In pratica, la riunificazione con la Repubblica popolare cinese con un elevato grado di autonomia per un periodo predeterminato.
L’attenzione quindi è rivolta ai programmi dei candidati e al feeling dell’elettorato per quello che sembra più un voto sulla politica verso la Cina popolare che una scelta del capo dello stato, e alle conseguenze della scelta dei circa 18 milioni di elettori.
Significativamente, l’appuntamento elettorale è stato preceduto dalle proteste studentesche guidate dal Movimento Girasole, – le prime di questo rilievo da molti anni – con l’occupazione del parlamento nella primavera 2014 e la netta sconfitta dei candidati del Kuomintang nelle elezioni locali del novembre dello stesso anno. Eventi che indicano disaffezione verso il Kuomintang e ostilità verso una politica di legami più vincolanti con Pechino.
Riguardo le presidenziali, tutto sembra indicare che il partito di governo andrà verso la peggiore sconfitta della sua storia. I sondaggi e gli analisti continuano a confermare il grande vantaggio della candidata del Partito democratico progressista, Tsai Ing-wen, su quello del Kuomintang. Quest’ultimo, il presidente del partito, Eric Chu, riluttante a un ingresso diretto nella competizione, è stato scelto a ottobre in sostituzione della candidata di prima scelta, la combattiva Hung Hsiu-chu.
Se la sostituzione dell’attuale presidente filo-Pechino Ma Ying-jeou in carica dal 2008, sarà centrale alle prospettive elettorali, a essa è associato il rinnovamento delle rappresentanze parlamentari. Sono 113 i seggi in ballottaggio e anche nell’aula parlamentare difficilmente il Kuomintang potrà evitare una sconfitta storica da parte del Partito democratico progressista.
In sostanza, segnalano gli osservatori, la giornata del 16 gennaio sarà ricordata – più che per le valenze politiche e per i futuri equilibri interni – come un referendum sui rapporti tra le due sponde dello Stretto di Formosa. Tuttavia, molti sono coscienti del fatto che il tentativo di limitare l’erosione di un sistema che ha garantito a Taiwan non solo benessere, ma anche una società attiva e sostanzialmente libera, potrebbe alimentare tensioni e provocare la razione di Pechino.