Anche dopo la conclusione formale della guerra civile in Sri Lanka che aveva opposto esercito regolare e guerriglieri tamil, il Paese rimane ancora fortemente diviso. Su impulso della comunità internazionale e anche grazie alle attività di dialogo promosse dai cattolici presenti, il presidente Sirisena sta tentando vari atti di conciliazione con la minoranza indù.
Il 12 marzo, il presidente singalese Maithripala Sirisena ha riconsegnato 701 acri di terreni a 700 legittimi proprietari tamil a Thelippalei nella penisola di Jaffna nel nord dello Sri Lanka. Durante la cerimonia di consegna – ha informato Asia News – Sirisena ha sottolineato l’importanza di un «processo di riconciliazione tra il Nord e il Sud del Paese» e ricordato che è compito del governo «proteggere i diritti di tutti i cittadini».
Dichiarazioni di principio che hanno accompagnato un altro atto concreto di giustizia e di riconciliazione: cioè la riconsegna al villaggio in questione, dopo ben 25 anni, della scuola pubblica. Inoltre il presidente ha annunciato l’intenzione di realizzare 65mila case per accogliere gli sfollati al loro rientro. Infatti, sono almeno 70mila i Tamil, in maggioranza di fede indù opposti ai singalesi di religione buddhista, registrati come «profughi interni» e proprio la restituzione delle terre e gli indennizzi ai sopravvissuti sono tra le sfide che Sirisena deve affrontare in un Paese ancora fortemente diviso.
Proprio la possibilità per i Tamil di commemorare i propri caduti e scomparsi, l’ammissione delle responsabilità dell’amministrazione precedente nel conflitto, la volontà di aderire alle richieste internazionali di ricostruzione, hanno fatto di Sirisena un personaggio popolare, con un certo credito anche all’estero, ma non hanno ancora chiuso le ferite eredità del conflitto trentennale che ha opposto esercito regolare e gruppi guerriglieri tamil.
Se il governo ha aperto proprie indagini, sotto l’attenzione della comunità internazionale, uguaglianza e progresso sono ben lontani dalle comunità tamil consistenti nel Nord e nell’Est del Paese. I rappresentanti politici tamil hanno fatto ritorno in parlamento dopo le elezioni locali dal settembre 2013 e le iniziative di sviluppo godono anche del concreto appoggio internazionale, ma la restituzione dei terreni tolti alla minoranza durante il conflitto resta in buona parte ancora elusa o segnata da troppi compromessi. In particolare, risulta difficile la restituzione delle aree tolte alla guerriglia e finite sotto il controllo delle forze armate. La magistratura, nonostante una maggiore autonomia, fatica a operare in concreto per le minoranze.
La pressione nazionalista singalese è infatti forte, alimentata negli ultimi anni di potere di Rajapakse da organizzazioni di buddhisti estremisti e xenofobi. A loro si deve la campagna «Sinhale» che oggi cerca di screditare la volontà di integrazione delle minoranze.
Come sottolinea Jehan Perera, Direttore del National Peace Council, gruppo impegnato già negli anni del confitto a coordinare iniziative di dialogo, «noi sottolineiamo la necessità di nuovi strumenti legislativi per contrastare la campagna di chi dimostra intolleranza e vuole negare i diritti delle minoranze religiose e che – se non ostacolato – potrebbe potenzialmente portare nuova violenza e minare lo sviluppo di una società tollerante e pacifica».
«Inoltre – dice Perera riferendosi ancora alla campagna Sinhale – oltre a bloccare espressioni di odio, le iniziative interreligiose che mirano a colmare le divisioni etnico-religiose e a una vera comprensione saranno la prova concreta dell’impegno nazionale verso la riconciliazione».
Un impegno su cui punta il presidente, in carica dal gennaio 2015 dopo avere spodestato Mahinda Rajapakse, accusato di abuso di potere, di scarso rispetto per i diritti umani e di avere volutamente ignorato il massacro di civili che con decine di migliaia di morti ha segnato le ultime fasi del lungo conflitto srilankese terminato nel maggio 2009.
Sono stati almeno cinque i sacerdoti uccisi tra il 1985 e il 2007 e diversi i religiosi e religiose vittime di aggressioni o intimidazioni. Tra i 100mila morti della guerra e i 146mila scomparsi vi è anche un numero imprecisato di battezzati.
La cattolicità srilankese, che conta 1,3 milioni di fedeli su poco più di 20 milioni di abitanti e 1,6 milioni di cristiani e che è presenza attiva nel dialogo, nella difesa dei diritti umani e delle libertà civili ha accolto con entusiasmo la visita di papa Francesco dal 13 al 15 gennaio 2015. Come ha ricordato allora monsignor Vianney Fernando, arcivescovo di Kandy, «la sua presenza al Santuario di Madhu, in terra tamil ha avuto non solo il senso di mostrare solidarietà con le vittime della guerra, ma è stato anche un forte messaggio di riconciliazione nazionale».