Alla vigilia delle elezioni del 24 marzo è entrata in vigore una nuova legge sulla sicurezza informatica che dà poteri enormi alle agenzie di controllo statali (con la benedizione di Pechino)
In vista delle elezioni parlamentari del 24 marzo in cui i thailandesi saranno chiamati a un voto incerto che sarà di fatto un referendum sulle politiche e sulla sopravvivenza del regime militare che ha preso il potere cinque anni fa con un colpo di stato, il Paese si dota di un altro strumento giuridico potenzialmente repressivo. Proposta all’esame e all’approvazione unanime dell’Assemblea nazionale (mai emersa da un voto popolare ma emanazione delle autorità militari) come strumento per rendere meno pericoloso l’utilizzo di internet e meno arbitraria la sua gestione, la Legge sulla sicurezza informatica approvata il 28 febbraio è tra le più repressive al mondo.
Non a caso indicata come “legge marziale cibernetica” dai suoi critici e dagli oppositori delle autorità in carica, il provvedimento – come peraltro altri prodotti nel quinquennio – dà poteri enormi alle agenzie di controllo statali e nessuna possibilità di appello a chi dovesse violarla. Questo nonostante la netta opposizione di attivisti per le libertà civili, aziende del settore informatico e gruppi imprenditoriali che temono abusi di potere che oltretutto rischiamo di negare spazi di crescita alla già incerta economia thailandese. Una contingenza che risente del lungo periodo di controllo militare, di problematiche internazionali che hanno portato la Thailandia a un più stretto rapporto con l’ormai indispensabile partner cinese. I cui metodi di controllo ispirano negli ultimi tempi diversi governi, ancor più quelli coinvolti nelle iniziative strategiche che Pechino sponsorizza su scala globale.
Già in precedenza il governo aveva introdotto provvedimenti ufficialmente per sostenere l’economia digitale ma che – come la Legge contro i crimini via computer del 2017 – hanno dimostrato di essere anzitutto indirizzate a reprimere il dissenso. Se infatti le manifestazioni pubbliche sono state proibite da subito dopo il golpe e le violazioni hanno portato a decine di arresti e processi e persino la campagna elettorale è stata limitata per le opposizioni, ampio spazio è stato dato ai partiti filo-militari creati per l’occasione e che candidano l’attuale premier, ex capo della giunta militare, Prayut Chan-ocha, a un nuovo mandato, sia se dovessero vincere, sia – da capo del governo non eletto – se dovessero perdere.
Particolarmente controversa è la possibilità data al Consiglio per la sicurezza nazionale di bypassare ogni legge in vigore se dovesse individuare una situazione di crisi. Oltre a questo, al Comitato nazionale per la sicurezza informatica è concesso di convocare individui e gruppi per interrogatori e di accedere a proprietà private senza un’ordinanza del tribunale di fronte a «serie minacce informatiche».
Un’altra istituzione, il Comitato per la regolamentazione della sicurezza informatica, avrà il potere illimitato di accedere a computer, dati e reti, duplicare informazioni e sequestrare computer e altri strumenti informatici.
I giganti dei social – Google e Facebook, ma anche un’altra decina di importanti aziende ad alta tecnologia attive sulla rete – hanno delegato alla Coalizione asiatica per Internet, che ha base a Singapore, la reazione ai provvedimenti, esprimendo, il “profondo disagio” per l’approvazione della legge. «Darà al regime potere illimitato sul controllo del traffico online in caso di emergenza o come misura preventiva, compromettendo potenzialmente i dati privati e aziendali», ha sottolineato il suo direttore esecutivo.