La prefettura di Miyakojima costretta dalla nuova emergenza Covid-19 a cancellare il passaggio della staffetta con il simbolo dei Giochi, che nonostante le dichiarazioni ufficiali appaiono sempre più in forse. Decisiva il 17 e 18 maggio la visita in Giappone del presidente del Cio Thomas Bach
Si fa sempre più in salita la marcia verso i giochi olimpici di Tokyo. Dopo il rinvio di un anno causato dall’esplosione della pandemia di Covid-19 e una difficoltosa ripartenza della “macchina” olimpica con un primo traguardo lo scorso 25 marzo nella partenza della staffetta della fiaccola da Fukushima (prefettura epicentro della triplice crisi – terremoto, tsunami e avaria dei reattori nucleari – dell’11 marzo 2011), ora anche questa ha visto il suo primo stop. Se altre prefetture del Giappone l’avevano ridotta a un passaggio pressoché simbolico e altre accolta nella sua interezza, la prefettura più meridionale del Giappone, quella di Okinawa, ha cancellato la tappa del 2 maggio a Miyakojima e ogni evento correlato. L’isola è infatti sottoposta a severe misure di contenimento del contagio.
Se Okinawa terrà comunque due eventi connessi con il passaggio della torcia ma lontano da strade di grande comunicazione, l’esempio di Miyakojima potrebbe essere seguito da altre località delle 47 prefetture del Giappone, che sta sperimentando una nuova ondata di contagi anche se finora con numeri (564mila contati e 9.900 decessi) ben lontani da quelli di molti Paesi dell’area e oltre.
Le città di Osaka e Matsuyama – la prima sull’isola principale, Honshu, la seconda su quella minore di Shikoku – hanno già segnalato che sposteranno la corsa della fiaccola su strade secondarie e senza la presenza di pubblico.
Tuttavia ben altro pende ora sulle sorti delle Olimpiadi estive che il Giappone ospiterebbe per la seconda volta dopo quelle, sempre di Tokyo, del 1964. Per molti anche in Giappone non vi sarebbe ormai alternativa alla cancellazione, date le difficoltà operative e i rischi connessi con la situazione di emergenza che potrebbe protrarsi nel Paese ma anche coinvolgere le nazioni di provenienza dei 10mila atleti olimpici e paralimpici, mentre il mese scorso è stato dichiarato lo stop al pubblico non residente nell’arcipelago.
Ancora venerdì scorso il presidente del Comitato organizzatore dei Giochi in Giappone, Seiko Hashimoto, ha escluso che si stia considerando l’annullamento: “Stiamo mettendo tutto l’impegno per preparare contromisure al coronavirus in modo che il pubblico possa comprendere che i Giochi olimpici di Tokyo possono tenersi”. Una convinzione poco credibile, nello stesso giorno in cui il governo giapponese ha dichiarato a Tokyo ma anche nelle prefetture di Osaka, Kyoto e Hyogo lo stato di emergenza per fronteggiare la recrudescenza del Covid.
Una posizione comunque sempre più isolata, spiegabile con i forti investimenti in gioco (equivalenti ad almeno 12,25 miliardi di euro) e una eventuale, devastante ricaduta sull’immagine del Paese che proprio sulle sue Olimpiadi aveva contato per chiudere il decennio segnato anche dalla persistente avaria dei reattori nucleari di Fukushima che hanno minato la fiducia nel Paese ma non hanno impedito che – trainato dalle prospettive olimpiche – il numero dei visitatori stranieri salisse a oltre 30 milioni nel 2019 con la prospettiva (miseramente fallita) di raggiungere i 40 milioni nel 2020.
Le prossime settimane saranno decisive per comprendere se sarà possibile arrivare all’inaugurazione il 23 luglio. Il governatore di Tokyo, la signora Yuriko Koike, ha indicato come “cruciali” le prossime due settimane per contenere la diffusione del coronavirus e per le prospettive olimpiche. A sua volta, il presidente del Comitato olimpico internazionale, Thomas Bach, sarà in Giappone il 17 e 18 maggio per incontrare il premier Yoshihide Suga. Contemporaneamente, le autorità sportive diffonderanno la seconda versione delle linee-guida che gli atleti dovrebbero rispettare in caso di partecipazione.