Tra i premi distribuiti dall’Accademy quello per il miglior documentario tra i cortometraggi è andato alla regista pakistana Sharmeen Obaid-Chinoy per «A Girl in the River», un coraggioso film denuncia sulla storia di Saba, diciannovenne miracolosamente scampata a un delitto d’onore
Non solo Leonardo Di Caprio. Tra le notizie della Notte degli Oscar c’è anche il secondo Oscar per la regista pakistana Sharmeen Obaid-Chinoy, premiata per il miglior documentario nella sezione cortometraggi per il suo film «A girl in the river: the price of forgiveness», sul dramma degli omicidi d’onore nel suo Paese.
Il documentario racconta la storia di Saba, una diciannovenne sopravvissuta miracolosamente a quello che sarebbe dovuto essere uno di questi delitti. La sua colpa? Quella di essersi innamorata un uomo ritenuto troppo povero dalla sua famiglia ed essere fuggita di casa per sposarlo. Dopo essere stata picchiata e colpita al volto da un colpo di arma da fuoco il padre e l fratello l’avevano rinchiusa in un sacco e gettata in un fiume. Ma la sua voglia di vivere è stata più forte: è riuscita miracolosamente a liberarsi e a salvarsi.
In Pakistan sono oltre mille ogni anno le donne che finiscono vittima degli omicidi d’onore. E la legge locale prevede che siano punibili solo nel caso che la violenza sia denunciata dalla famiglia stessa. Cosa che nemmeno nel caso di Saba è avvenuto: su pressione del cognato e dell’ambiente circostante la vittima ha comunque ritirato denuncia.
Sharmeen Obaid-Chinoy aveva già vinto un Oscar nel 2012 – il primo in assoluto nella storia del Pakistan – per il film «Saving Face» dedicato all’altro dramma delle donne sfigurate con l’acido. Nel discorso di stanotte ha dichiarato: «Questo Oscar è la dimostrazione di che cosa può succedere quando donne determinate si mettono insieme».
Guarda qui sotto il trailer di «A girl in the river»