L’agenzia delle Nazioni Unite per la salute ha approvato una strategia per accelerare – entro il 2020 – la battaglia contro la lebbra nel mondo, una malattia che colpisce e discrimina ancora 213mila persone l’anno.
Tutti insieme per sconfiggere la lebbra. È l’appello lanciato dalla UN Health Agency, l’organo della sanità delle Nazioni Unite, che proprio ieri ha fatto il punto sulle strategie da adottare nei confronti della storica malattia.
Perché la lebbra è sì uno dei morbi più antichi dell’umanità ma continua ancora oggi a fare vittime, soprattutto in alcuni Paesi del Sud del mondo. Pur essendo stata «sconfitta» fin dal 2000 secondo i criteri di valutazione internazionale, per i quali basta la caduta del tasso di presenza di lebbrosi al di sotto dell’uno su 10mila abitanti, la malattia (che oggi è curabile tramite antibiotici) rimane un problema a livello sub-nazionale.
In particolare nel 2014, le segnalazioni del 94 per cento di contagi arrivano da Bangladesh, Brasile, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, India, Indonesia, Madagascar, Myanmar, Nepal, Nigeria, Filippine, Sri Lanka e Tanzania. 213mila 899 nuovi casi all’anno, che coinvolgono quindi 13 Paesi, tra i quali spiccano soprattutto India, Brasile e Indonesia che – da soli – rappresentano l’81 per cento dei contagi.
Ecco perché le Nazioni Unite – tramite il progetto «Accelerating towards a leprosy-free-world» – ha chiesto sforzi a tutti i Paesi del mondo per fermare la trasmissione della malattia. Il sogno è di ridurre a zero, entro il 2020, il numero di bambini affetti da lebbra e portare il numero di nuovi malati a meno di uno per milione d’abitante.
Ma curare la lebbra significa anche combattere contro la stigmatizzazione sociale correlata. Sono ancora tante, infatti, le legislazioni che permettono la discriminazione nei confronti delle persone affette da lebbra, a causa dell’immagine sfigurata che accompagna la malattia nel suo stato avanzato e che, per secoli, ha ghettizzato i lebbrosi perché sembravano contagiosi.
Già nel settembre 2010, il consiglio dell’Onu per i diritti umani aveva adottato una risoluzione (poi approvata dall’assemblea generale) per chiedere ai governi di fermare la discriminazione delle persone affette da lebbra e dei loro familiari con misure politiche ad hoc.
Oggi la strategia della Un Health Agency – pianificata insieme ai programmi nazionali anti-lebbra, organizzazioni non governative e pazienti colpiti dalla malattia – va oltre e vuole cancellare tutte le norme discriminatorie entro quattro anni, in modo tale da favorire anche una diagnosi precoce dell’infezione ed evitare la formazione di disabilità visibili. L’idea è condurre – in collaborazione con i Paesi ad alto tasso endemico – campagne di rilevazione tra i gruppi sociali ad alto rischio, come migranti, sfollati e poveri.
Il direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) del Sud-est asiatico, Poonam Khetrapal Singh, in occasione del lancio del piano a New Delhi ha detto che «la nuova strategia globale punta ad avviare azioni e promuovere inclusione perché questi principi devono essere sempre integrati nella battaglia per vincere la lebbra».