Domenica 31 gennaio si celebra la Giornata mondiale dei malati di lebbra, malattia in tante parti del mondo debellata solo sulla carta. Dall’India la testimonianza di un ex malato che non si è rassegnato e – con un missionario del Pime e altri lebbrosi – ha creato un villaggio dove è rinata la speranza
Colpiscono la pulizia, l’ordine e la dignità del villaggio così come la fierezza di giovani (sani) ed anziani (ammalati) di Adarsha Nagar a Kurnool nel sud dell’India. Succede quando l’attività missionaria ed umanitaria si incontra con la dedizione e la volontà di riscatto di persone colpite da una malattia, la lebbra, che il governo indiano da una quindicina d’anni ha dichiarato “sconfitta”. Non del tutto in realtà. Qui la testimonianza di una persona che non si è rassegnata quando una vita normale sembrava ancora del tutto impossibile.
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Nel 1972 ho scoperto di avere la lebbra. Ero poco più che ventenne. Ero sposato, ma senza figli. Avevo un lavoro. Abitavo a Guntur nello stato di Andhra Pradesh. I miei mi hanno allontanato. Nessuna famiglia tiene un lebbroso in casa. Vuol dire isolarsi dal resto della società. Soprattutto a quel tempo nessuno ci avrebbe più invitati a casa loro e nessuno avrebbe più varcato la nostra soglia. Sono andato a Kurnool, una cittadina un po’ più a sud, ma non troppo lontana. Non sapevo come sopravvivere. Pensavo di suicidarmi. Poi un gruppo di mendicanti mi ha accolto ed ho cominciato a vivere con loro.
La svolta nella mia vita senza speranza è arrivata nel 1991. Ho incontrato p. Francesco Raco del Pime, che allora lavorava nella diocesi di Kurnool. Gli ho detto che io non volevo più continuare a vivere così. Lui si interessava di lebbrosi e voleva fare qualcosa per loro. Mi ha detto che se fossi stato onesto e leale forse io ero la persona adatta al suo progetto, avrei potuto dargli una mano. Mi ha insegnato a battere a macchina, a scrivere in inglese, a compilare i libri contabili. Ho ripreso a riguadagnare qualche soldo. Abbiamo cominciato a lavorare insieme ed abbiamo realizzato Adarsha Nagar un villaggio per lebbrosi di 53 casette per altrettante famiglie. Mi sono risposato con Mogilamma, una lebbrosa. Abbiamo avuto due figli, un maschio ed una femmina. Come tutti gli altri bambini del villaggio hanno studiato fino alle superiori e all’università. Sunitha ora è sposata ad Hyderabad. Karthik è ancora qui con noi. Ora il villaggio ha circa 140 abitanti. 46 sono malati di lebbra. Gli altri sono i loro figli. Io sono uno dei pazienti e sono quello che tiene la contabilità ed è responsabile dell’andamento generale.
Quando p. Francesco Raco è stato trasferito prima ad un’altra missione in India e poi alla Papua Nuova Guinea ha continuato ad aiutarci attraverso benefattori americani. In sua assenza la mia responsabilità è aumentata. Ma sono orgoglioso di aver realizzato qualcosa per me e per altri nelle mie stesse condizioni di emarginazione e di rifiuto. I nostri figli torneranno ad essere cittadini normali e accolti da tutti.
Papaiah Mavuluru
Testimonianza raccolta da Giorgio Licini a Kurnool il 27 dicembre 2015.
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