Il 19 novembre 1941 nella diocesi di Kaifeng – negli anni tragici della guerra contro il Giappone – venivano uccisi quattro missionari del Pime. Sopra il pozzo del villaggio dove vennero nascoste le loro spoglie profanate, dagli anni Novanta sorge una chiesa dedicata a San Giuseppe che i cattolici locali hanno voluto proprio lì per preservarne la memoria
Il 19 novembre ricorre l’anniversario del martirio di quattro missionari del Pime avvenuto nel 1941 a Dingcun, diocesi di Kaifeng, nella provincia di Henan (Cina): Antonio Barosi (Cremona, 39 anni), Bruno Zanella (Vicenza, 32 anni), Mario Zanardi (Cremona, 37 anni) e Gerolamo Lazzaroni (Bergamo, 27 anni). L’estate precedente, nella stessa provincia, era stato ucciso Cesare Mencattini (Arezzo, 31 anni); nel febbraio del 1942 toccherà a Carlo Osnaghi (Milano, 43 anni).
Il massacro di Dingcun avvenne negli anni tragici dell’invasione giapponese della Cina e nel contesto della guerra contro il Giappone. La vita dei missionari era tutta dedicata al servizio della popolazione cinese, in un momento di grande miseria a causa delle inondazioni del Fiume Giallo, provocate per arrestare l’avanzata giapponese, che causarono centinaia di migliaia di morti e innumerevoli villaggi sommersi. I missionari rimasero accanto alla loro gente anche se senza difese né garanzie, anzi consapevoli che – in quanto italiani – erano divenuti nemici agli occhi dei “partigiani” cinesi. L’Italia fascista era infatti alleata del Giappone, invasore della Cina.
Dingcun era una bella cittadina circondata da mura. I missionari e i loro collaboratori cinesi avevano suscitato una fervente comunità cattolica. Per incoraggiare i suoi cristiani, e celebrare la Cresima, l’amministratore apostolico Barosi (non ancora eletto vescovo) vi si recò con il padre Mario Zanardi, affrontando un viaggio di disagi e pericoli. La festa si tramutò in indicibile tragedia. La residenza dei missionari fu invasa da guerriglieri che uccisero senza pietà. Negli anni a seguire la chiesa e la residenza furono distrutte e i resti dei martiri profanati. Ma i fedeli cinesi riuscirono a recuperare le ossa dei loro martiri e a nasconderle nella cittadina poco lontana di Zhoukou.
Verso la fine degli anni ’90 del secolo scorso, i cattolici di Zhoukou ricostruirono la chiesa, dedicata a San Giuseppe, nel cortile della vecchia residenza missionaria, collocando l’altare maggiore proprio sopra il pozzo dove i resti dei quattro martiri erano stati segretamente seppelliti. Proprio come ai primi tempi della Chiesa in Roma, quando si costruiva l’altare sulle reliquie dei martiri. Una decina d’anni fa i resti furono recuperati dal pozzo e, raccolti in urne, furono collocati in una apposita cappella a fianco della chiesa restaurata, sempre a Zhoukou. I cristiani cinesi preservarono la memoria dei loro missionari martiri.
Nel 2017 Mario Marazzi ed io, a Hong Kong, abbiamo curato «Semi di vita», due edizioni in lingua cinese della storia dei martiri, per non dimenticare il loro sacrificio e la loro preziosa eredità. Il volumetto di color viola è in caratteri semplificati, per la Cina continentale, quello di color verde in caratteri tradizionali, per Hong Kong e Taiwan. Il prossimo anno, 2021, ricorrono gli 80 anni del martirio. C’è da sperare che si possano ricordare in Cina e in Italia.