Dopo il viaggio in Cambogia, da subito mi resi conto che Lorenzo, con Chiara al suo fianco, avrebbero lasciato più di un segno. Ma oggi che a poco più di quarant’anni una malattia lo ha portato a spegnersi improvvisamente, capisco che con la sua vita ci ha portati a celebrare una comunione più forte della morte
Nel giorno in cui ricorre la festa della “santa degli ultimi”, padre Alberto Caccaro, missionario del Pime in Cambogia, racconta la celebrazione dell’Eucaristia con le Missionarie della Carità nella loro casa alla periferia di Phnom Penh. «Quando distribuisco la Comunione mi rende felice il fatto che Gesù, il Pane del Cielo, vada a posarsi sulle mani visibilmente sciupate dei loro ospiti, che nessuno accoglierebbe»
Arrivai in Cambogia nel giorno della festa di sant’Agostino. E ora mi accingo a insegnare la sua filosofia in lingua khmer alla Royal University di Phnom Penh. Perché anche in questo Paese è essenziale capire la differenza tra le sue “Confessioni” e un banale selfie.
Ai confratelli che ho incontrato a Hong Kong ho voluto chiedere perché tra i missionari e la loro gente vi fossero legami così belli. Uno di loro, visibilmente commosso, mi ha detto: «Non siamo noi, sono i cattolici cinesi. Sono loro il nostro centuplo»
L’atto educativo è un atto eucaristico. Perché su quelle cattedre, come sull’altare, passa una vita, in corpo e sangue, continuamente offerta, onda lunga del movimento eterno del Padre che genera il Figlio e nello Spirito Santo lo dona a noi: così ci genera continuamente come sui figli.
La recita degli inni, delle antifone, dei salmi è in realtà tutto cantato e le voci dei monaci, nell’alternanza dei cori, delle voci soliste, della sonorità delle parole e del loro significato, concorrono a fare casa. Abito nelle loro voci, «faccio monastero» nei loro petti accesi di respiro, nell’origine e nella fine di tutto e di tutti. In Dio.
La riflessione natalizia di padre Alberto Caccaro, missionario del Pime in Cambogia che sta trascorrendo alcuni mesi in un monastero benedettino in Italia: «Mi sono reso conto che il fine dell’educazione è arrivare al cospetto di Dio, cioè all’orazione. Come figli. Niente di meno»
Quando le ho chiesto come stava, avrebbe potuto rispondermi in tanti modi. In situazioni simili anche qui in Cambogia la rabbia, il risentimento, la delusione possono avere l’ultima parola. Lei invece, senza figli e senza soldi, ha scelto un’altra parola: «È la mia croce, padre».