Alla periferia di Dhaka, in Bangladesh, i fondi del 5×1000 destinati alla Fondazione Pime hanno contribuito al mantenimento di una piccola scuola elementare per i bambini più poveri
Dopo l’emozione per le suore di Madre Teresa ieri in un bombardamento su un mercato affollato sono morte 107 persone. Superare davvero la globalizzazione dell’indifferenza vuol dire capire che è la stessa storia. E alzare la voce anche per «quelli che non sono dei nostri»
Uno studio dell’Università di Oxford ha misurato, nazione per nazione, la possibilità che nel 2016 il lavoro umano venga sostituito da macchine. Tra i primi della lista Etiopia, Thailandia e Nigeria: tutti Paesi dove, però, l’avanzata dei robot potrebbe essere distruttiva
TV2000 ha raccolto dalle Missionarie della Carità la testimonianza su una lettera scritta dalle consorelle uccise ad Aden una settimana fa: «I bombardamenti sono pesanti, il cibo sta finendo, ma noi corriamo dai nostri poveri che ci attendono sereni. Dio non può mai essere da meno in generosità fino a quando rimaniamo con Lui e i suoi poveri».
Secondo quanto riportato da alcune fonti, la Corte suprema del Bangladesh sarebbe impegnata a togliere all’Islam il ruolo di religione ufficiale di Stato. Un declassamento storico che mira a limitare gli attacchi jihadisti sul territorio e che piace soprattutto alle molte minoranze religiose presenti nel Paese.
Resta ancora aperto il problema dei giapponesi rapiti nel nulla negli anni Settanta dal regime di Kim Jong-Il, scomparso nel 2011. Nonostante le pressioni dell’Onu, è ancora difficile far chiarezza sulla sistematica scomparsa degli stranieri per mano degli agenti della dittatura nordcoreana.
La morte delle Missionarie della Carità con gli occhi dei cristiani del Golfo Persico e della gente di Aden, che protesta in nome loro. La storia di sister Anselm, che prima dello Yemen era già stata tra le vittime della guerra in Iraq e in Giordania. E le suore di Madre Teresa che in tutto il mondo stanno pregando anche per chi ha ucciso le loro consorelle
A cinque anni dallo tsunami che devastò il Giappone e che innescò il disastro della centrale nucleare di Fukushima, la situazione del Paese è ancora instabile. Con 200mila sfollati, un processo in corso e opere di risanamento che stentano a decollare, il Giappone deve decidere se rallentare la crescita o dare ancora fiducia al nucleare.