La Chiesa italiana ha tanto da imparare dalle missioni sparse in giro per il mondo, soprattutto da quei luoghi di frontiera dove vengono a collidere mondi diversi apparentemente opposti.
Padre Damiano Tina, missionario del Pime a Ecatepec, in una delle baraccopoli della grande periferia di Città del Messico: «Sono qui per stare con chi vive ai margini. E incontrare il Signore, che lavora già»
Alla Casa del migrante di Tijuana, al confine tra Messico e Stati Uniti, i missionari scalabriniani accolgono immigrati centroamericani, ma anche messicani deportati dagli Usa, cercando di dare loro un futuro.
Il neo presidente Jair Bolsonaro ha già svuotato di poteri la Funai, l’organismo per la salvaguardia dei nativi. A decidere ora sarà il ministero dell’Agricoltura, sensibile alle pressioni dei latifondisti.
In sintonia con le incredibili risorse naturali dell’Amazzonia, le dimensioni dello spazio e del tempo assumono una connotazione totalmente diversa rispetto a quella che siamo abituati a vivere nelle nostre città.
Esempio di convivenza pacifica, il Burkina Faso è stato colpito negli ultimi anni da diversi attentati terroristici. La Chiesa locale sta reagendo attraverso la tolleranza, come spiega il cardinale Philippe Ouedraogo.
Padre George Palliparambil, missionario del Pime, indiano, sta terminando il mandato come superiore regionale negli Stati Uniti. Ma non ha mai lasciato del tutto il Camerun, che continua a ispirarlo.
Da sempre impegnato negli Stati indiani meridionali, l’Istituto ora aprirà una missione nel Darjeeling, nel Nord del Paese. In mezzo ai coltivatori-schiavi delle piantagioni, come spiega padre Rayarala.