Papa Francesco ha nominato nuovo arcivescovo di Barcellona mons. Juan José Omella, formatosi tra i Padri Bianchi, missionario lui stesso per un anno in Zaire (oggi Repubblica democratica del Congo) e per quindici anni in Spagna assistente di Mani Tese
Papa Francesco oggi ha compiuto due nomine molto significative per la Chiesa in Europa, scegliendo due nuovi arcivescovi per Bruxelles e Bercellona. Alla guida della più importante diocesi belga ha chiamato mons. Jozef De Kesel, 68 anni, finora vescovo di Bruges, mentre a Barcellona andrà mons. Juan José Omella, 69 anni, attuale vescovo di La Calzada-Logrono e pressidente della Commissione per la pastorale sociale della Conferenza episcopale spagnola. Quest’ultima nomina ha un sapore particolare per il mondo missionario: il nuovo arcivescovo di Barcellona ha – infatti – una storia personale molto legata alla missione ad gentes.
Juan José Omella ha studiato infatti nell’ordine dei Padri Bianchi, i missionari d’Africa. E negli anni Settanta, subito dopo la sua ordinazione sacerdotale, lui stesso per un anno è stato missionario nell’allora Zaire (oggi Repubblica democratica del Congo). Anche dopo essere rientrato a Saragoza, la sua diocesi di origine di cui sarebbe diventato vescovo ausiliare, ha sempre mantenuto un’attenzione particolare nei confronti dell’Africa. Per quindici anni – poi – dal 1999 al 2014, è stato il vescovo consigliere di Manos Unidas, la maggiore organizzazione ecclesiale spagnola per la cooperazione allo sviluppo. Proprio Manos Unidas oggi – rallegrandosi per la sua nomina – ricorda alcune parole pronunciate l’anno scorso, quando mons. Omella lasciò quest’incarico: «Ci rimane davanti un compito enorme: sradicare la fame nel mondo. Desidero con tutto il cuore che la soldiarietà conquisti il cuore di tutti e, in maniera particolare, quello dei governi delle nazioni industrializzate».
Durante il suo episcopato a La Calzada-Logrono, inoltre, nel 2011 ha voluto prendere spunto dai cinquant’anni dell’invio dei primi preti fidei donum diocesani in Burundi per una lettera pastorale intitolata «Seminatori della parola, missionari di speranza» che aveva al centro proprio l’attualità della missione, compreso l’annuncio ad gentes.